Attenzione, in giro per l'Italia si aggirano due «matti» che credono di essere Grillo e Renzi. Attenti perché sono simpatici e hanno la lingua pronta, anche se biforcuta. Il primo ha fatto di Rodotà un'icona da mettere in mostra al Quirinale e oggi lo massacra: come ti ho fatto ti distruggo. Il secondo ha tifato per le larghe intese, l'unica opzione per poter governare l'Italia, e oggi mostra i denti a Enrico Letta, che il governissimo guida, perché Enrico Letta è più democristiano di lui.
Ma cosa hanno in comune Grillo e Renzi? Quasi nulla, tranne un match point smarrito, perso, sprecato, buttato via. C'è gente che quando sente l'odore della vittoria perde la bussola e deraglia, per presunzione, per troppa fretta, per foga, per mancanza di lucidità, magari perché è più brava a distruggere o rottamare che a costruire. È quello che è capitato a Grillo e Renzi. Ora, frustrati, se la prendono con il primo che passa, con il vicino di posto. Grillo ci ha svelato che, sotto i vaffa, i grillini nascondono solo gli scontrini per i rimborsi. In pratica la loro rivoluzione è un borderò, un ticket restaurant, una busta della spesa. Se n'è accorto anche l'ottantenne Rodotà, che ha scaricato Grillo spiegando: «Ha perso e non sono sorpreso. Le dichiarazioni non bastano più, non può dare la colpa agli elettori. Il Parlamento richiede competenza».
Renzi, invece, si è perso nelle sue tattiche fiorentine, fatte di piccoli intrighi e della speranza che i suoi avversari si suicidassero uno dopo l'altro. Quello che rimprovera a Enrico Letta è di essere al posto che poteva e doveva essere suo. E che ora rischia di non avere mai più. Perché Enrico Letta non è Bersani: lui a suicidarsi, per far felice Renzi, non ci pensa per niente.
C'è stato un tempo che Grillo e Renzi erano capaci di raccogliere fiducia e voti sia a destra, sia a sinistra.
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