E Restivo disse: "Elisa? Le volevo tanto bene..."

Omicidio Claps: al via il processo di appello. La mamma della ragazza di Potenza: "Deve marcire in galera"

E Restivo disse: "Elisa? Le volevo tanto bene..."

Il cellulare con i vetri oscurati entra nel cortile del tribunale di Salerno alle 9 precise. Danilo Restivo rimane nascosto alle telecamere. Niente immagini. Udienza a porte chiuse. Meglio così. Giusto così.

Il processo di appello all'assassino di Elisa Claps ha infatti bisogno di tutto, meno che di una ennesima - squallida - spettacolarizzazione. La mamma e il fratello di Elisa, con la dignità che li ha sempre contraddistinti, arrivano in tribunale. Li attende una canèa di giornalisti con domande deprimenti come: «Siete sereni?», «Cosa vorreste dire a Restivo?», «Lo perdonerete?»... I familiari della studentessa potentina rispondono: «Deve marcire in galera». La stessa frase usata dal giudice che, in Inghilterra, ha condannato Restivo all'ergastolo per l'omicidio di Heather Barnett. Ma da una settimana Restivo è in Italia. Dopo una lunga trattativa «diplomatica», i giudici britannici hanno acconsentito alla sua estradizione temporanea in Italia. Qui Restivo è già stato condannato a 30 anni per il delitto Claps; ora siamo al processo di secondo grado, ma la possibilità di una riduzione di pena è davvero remota. Nel dubbio, Restivo ha cambiato avvocato difensore; si tratta di un legale che alla domanda - allucinante - di un cronista («Cosa prova Restivo nei riguardi di Elisa?»), ha trovato il coraggio di rispondere: «Danilo mi ha detto che nutriva affetto per Elisa e che serba di lei un ottimo ricordo...). E ieri Danilo ha ribadito il concetto aggiungendo: «Per me Elisa era un'amica». «Affetto», «ottimo ricordo», «amica»: parole deliranti che, giustamente, indignano la famiglia Claps.

Una famiglia che - ricordiamolo - ha subìto il supplizio di ritrovare il corpo di Elisa nel sottotetto della SS. Trinità di Potenza, il luogo più sacro della città. Per anni e anni Elisa è stata cercata ovunque, ma non nel posto dov'era stata avvistata per l'ultima volta in compagnia di Restivo: la chiesa della Trinità, appunto. Inadeguatezza degli investigatori? coperture? depistaggi? Forse un po' di tutto ciò. Certo è che, se Restivo fosse stato fermato in tempo utile, non sarebbe riuscito a uccidere la povera Heather in Inghilterra, dove Danilo si era rifugiato mentre in Italia si seguivano «piste alternative». La pista era invece una, la più semplice: quella che, fin dall'inizio, conduceva a Danilo il «parrucchiere», quello strano ragazzone con l'hobby di tagliare i capelli alle ragazze minacciandole con un temperino. La mamma di Elisa ieri in aula ha voluto sedere accanto al carnefice dela figlia: ha tentato, invano, di guardarlo negli occhi. Poi ha poggiato sulla balaustra dietro la quale sedeva Restivo una foto di Elisa. L'imputato l'ha guardata con la coda dell'occhio, ma non ha fatto una piega. Da Potenza un prete ha inviato a Danilo una lettera: «Nessuno finora ci ha detto chi ti ha aiutato quel giorno, chi ha occultato la povera Elisa, e chi poi negli anni successivi non ha fatto nulla per arrestare la tua corsa...».

Anche queste, parole fuori luogo. Perché a Potenza, stranamente, ci sono preti che dovrebbero stare zitti e invece parlano; mentre ce ne sono altri che dovrebbero parlare e invece stanno zitti. Chi ha orecchie per intendere, intenda.

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