Ecco la grande fuga dal Pd: uno su quattro vota Grillo

Un quarto degli elettori votavano Pd, un sesto la Lega: identikit dei seguaci di Beppe. Ferrara: "Mi aspettavo prendesse più voti" E Napolitano minimizza

Ecco la grande fuga dal Pd:  uno su quattro vota Grillo

Roma - Di che pasta è fatto Beppe Grillo? Grano duro, se si considera la ruvidezza della comunicazione, i «vaffa» grazie ai quali ha bucato il muro dei media e interpretato la rabbia degli elettori. Ma anche gra­no tenero, a voler indagare la «vola­tilità » di certi argomenti program­matici e la «liquidità» del suo mo­do di essere leader. Pasta adesiva, infine, se si valuta la capacità aggre­gativa dimostrata attraverso il web e un circuito mediatico in grado di «autoalimentarsi».

Ma per sapere se il Movimento 5 Stelle possa diventare asse portan­te di una Terza repubblica, non ba­sta interrogarsi sulla natura di Gril­lo­ padre padrone finora indiscus­so. I grillini sono giunti all’età del­l’adolescenza: sia gli eletti, chiama­ti­ alla prima vera esperienza ammi­nistrativa, sia gli elettori che li han­no designati in spregio ai partiti, ma non solo. Entrambi non sono scesi da Marte, non vivevano pri­ma nelle catacombe, non sono cre­sciuti sotto i funghi in una notte di pioggia. Analizzando i primi dati, una risposta arriva da un sondag­gio a caldo di Renato Mannheimer sulle appartenenze passate degli elettori grillini.

Prima sorpresa (almeno in par­te): quasi un quarto (24,3 per cen­to) erano elettori del Pd, un sesto (16,4 per cento) votava Lega nord. Con una differenza: se per questi ultimi appare evidente il disorien­tamento determinato dalle inchie­ste, l’allontanamento da Bersani e compagni sembra un processo molto più lento e meditato, che af­fonda le radici nelle disillusioni pa­tite da un partito né carne né pe­sce. Ex elettori del Pds-Ds,già entu­siasti dell’Ulivo prodiano, poveri il­lusi della Margherita rutelliana: uno su quattro degli elettori piddi­ni di questi ultimi anni. Anche qui scandali e vergogne politiche han­no senz’altro colpito, ma in un las­so di tempo più diluito, come in uno stillicidio.

Una goccia cinese che sembra però non aver scalfito la voglia di fare di questi giovani, ora rivoltisi a Grillo come alla Chi­mera vagheggiata. Difficile che tor­nino indietro. Ulteriore sorpresa, sul passato di chi ha scelto il Cinquestelle, è la scarsa presa in elettori già votati ai partiti classici della sinistra radica­le: solo il 6 per cento proviene dal mondo di Vendola-Bertinotti (ave­vano optato per la Sinistra arcoba­leno alle Politiche del ’ 98) e addirit­tura soltanto il 3,6 per cento è stato fan di Antonio Di Pietro.

Questo spiega perché, tutto sommato, Beppe e Tonino si rispettino senza essersi troppo beccati nella campa­gna elettorale: si tratta di elettorati contigui ma per larga parte non so­vrapponibili. I grillini, volendo semplificare, sono molto più vicini all’obiezione fiscale dei leghisti che al giustizialismo delle Procu­re. Infine, qualche conferma. Scar­sissima la presa di Grillo sul popo­lo dell’Udc (1,7 per cento), tutto sommato contenuta quella sui de­lusi del Pdl ( 13,6 per cento).

In ogni caso voti di protesta, non cumula­bili a lungo con quello che resta il maggior merito ascrivibile al Movi­mento : aver riportato alle urne mol­ti disincantati totali della politica. Il 30,5 per cento di chi ha scelto i grillini aveva disertato i seggi nelle precedenti consultazioni.

Si tratta comunque di giovani, politica­mente più motivati della gran mas­sa degli astensionisti (in crescita del 7 per cento) e, soprattutto, «molto più attivi sulla Rete», spie­ga Mannheimer. Difatti sarà anco­ra una volta sul web che Grillo si gio­cherà la partita con i suoi eletti: se ne vedranno delle belle tra tweet, Facebook , «mi piace» e «non mi pia­ce più».

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