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Fallita la mediazione del Cav: ma per me era come un figlio

L'amarezza di Berlusconi per lo strappo di Alfano, poi la telefonata di Fitto: "Non dare retta a chi tradisce". Il duro scontro tra Verdini e Gianni Letta

Fallita la mediazione del Cav: ma per me era come un figlio

A tarda sera, quando si concede un po' di riposo prima di visionare il video sui vent'anni di Forza Italia che questa mattina sarà proiettato al Consiglio nazionale del Pdl, il Cavaliere non nasconde tutta la sua amarezza. Che la frattura con l'ala governativa fosse profonda Silvio Berlusconi lo sapeva bene, ma fino all'ultimo l'ex premier ha continuato a pensare che con Angelino Alfano un punto d'intesa fosse comunque possibile.

Invece niente. Non solo i quattro ministri del Pdl Maurizio Lupi, Gaetano Quagliariello, Nunzia De Girolamo e Beatrice Lorenzin - che ormai da giorni nelle sue conversazioni private il Cavaliere considera alla stregua di «traditori» – ma pure il vicepremier ha deciso per l'addio. Una rottura netta, probabilmente definitiva. Al di là delle frasi di circostanza che arrivano da una parte e dall'altra, infatti, la distanza tra Berlusconi e il suo ex delfino è ormai siderale. Con un Cavaliere che se per alcuni versi è sollevato (perché con Alfano sono mesi che le comunicazioni sono interrotte e l'incomprensione è non solo politica ma soprattutto umana) per altri è decisamente provato. A tratti persino stremato.

Già, perché la giornata è stata fitta di mediazioni, trattative e tentativi d'intesa. Alti e bassi, vere e proprie montagne russe. Pur di non spaccare tutto, a metà pomeriggio il Cavaliere arriva persino a dare ad Alfano e Lupi il suo benestare alla convocazione di un nuovo Ufficio di presidenza del Pdl che approvi un documento di mediazione da portare al Consiglio nazionale di questa mattina. Nel testo concordato con Berlusconi ci sono sia il «rinvio» della questione decadenza-governo a un nuovo Consiglio nazionale sia la «creazione di un organismo di garanzia sulla rappresentatività» all'interno del partito (in vista della stesura delle future liste elettorali). Per i governativi non è abbastanza. E comunque i cosiddetti lealisti non ci starebbero.

Quando Berlusconi dice «sì» all'Ufficio di presidenza da tenere in serata e Denis Verdini - che qualche giorno fa ha avuto a pranzo a Palazzo Grazioli uno scontro violentissimo con Gianni Letta - inizia il giro di telefonate per le convocazioni, è Raffaele Fitto ad alzare il telefono e chiamare il Cavaliere. «Io mi sono esposto, ci ho messo la faccia e sono stato leale nei tuoi confronti e tu – questo il senso di uno scambio piuttosto acceso – dai retta a chi ti sta tradendo e accompagnando educatamente alla porta?». Berlusconi incassa, ma il punto è che la conversazione è seguita dalla sfilza di «no» che riceve Verdini alla convocazione dell'Ufficio di presidenza. I lealisti infatti non ci stanno. «Siamo convocati per il Consiglio nazionale, l'Ufficio di presidenza già c'è stato», risponde – come tanti altri – Renato Brunetta. Verdini chiama Berlusconi e lo aggiorna: i due terzi dei convocati pongono una questione politica e sono contrari a un nuovo Ufficio di presidenza.
Il Cavaliere prende atto. Senza troppo dispiacere se qualche ora dopo incontrerà Fitto con il sorriso sulle labbra e lo saluterà con tanto di abbracci. Ma comunque con la consapevolezza che la rottura con quello che ha sempre considerato il suo delfino si sta ormai definitivamente consumando. L'ho considerato come un figlio – si lascia sfuggire in uno dei tanti momenti di delusione – e ora mi sembra di parlare con un estraneo. Un Berlusconi provato e a tratti avvilito. Anche se la verità è che ormai da giorni i margini per rimettere tutto insieme erano strettissimi e che quella che ha provato il Cavaliere il queste ore non è altro che la mediazione dei sentimenti. Politicamente, infatti, Berlusconi e Alfano sono su due pianeti diversi da mesi. Forse lo sa anche l'ex premier.

Che quando è ormai notte fonda inizia a rivedere il discorso da tenere questa mattina alle dieci davanti ai circa 850 delegati del Consiglio nazionale. «Ho fatto di tutto per tenerli uniti, ora i traditori li voglio vedere in faccia».

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