I finanziamenti fantasma alle coop: non c'è solo il ghetto dei migranti

Gli scandali che riguardano le grandi cooperative di accoglienza sono all'ordine del giorno, nel silenzio delle istituzioni

I finanziamenti fantasma alle coop: non c'è solo il ghetto dei migranti

“Non ne sappiamo niente, sulla piattaforma istituzionale non riusciamo ad avere la documentazione. Non abbiamo notizie su Borgo Mezzanone, non abbiamo conoscenza di chi lo sta gestendo al momento”. Così fa sapere a IlGiornale.it Fratelli d'Italia dal Consiglio Regionale pugliese in merito all’erogazione fantasma, che non presenta l’aggiudicatario, di circa 700mila euro da parte del presidente Emiliano per la gestione dell’accoglienza nel ghetto foggiano. Un alone di mistero sulla gestione migranti che, come abbiamo già documentato, riguarda principalmente i grandi colossi dell’accoglienza. Al centro di questi pochi chiari collegamenti tra enti istituzionali e gestori, quello della Regione Puglia non è sicuramente l’unico esempio, anzi.

Altro caso eclatante è quello che riguarda l’ex coop Ecofficine Edeco di Padova, coinvolta in uno scandalo giudiziario nel 2019 che ha visto come indagati - oltre al presidente e parte del cda - anche gli allora vice prefetto, vice prefetto vicario e un funzionario sempre della prefettura. Le accuse principali erano quelle di frode nelle pubbliche forniture, tentata truffa e malagestione del hub migranti. Si scopre, però, che dalle ceneri di Edeco opera oggi una nuova società - Ekene - che presenta il solito gruppo dirigente ma opera con nuove ragioni sociali. All’interno del cda di Ekene, nata formalmente nel 2020, troviamo infatti Simone Barile, ex presidente Edeco e indagato, la moglie - anch’essa indagato ed ex vice presidente Edeco - Sara Felpati e Annalisa Carrara, già presente nel cda della vecchia coop. Nonostante ciò, la nuova creatura è al centro delle vincite di numerosi bandi: ultimo quello di quest’anno che ha portato nelle tasche di Ekene ben 847mila euro per un solo anno, erogati dalla prefettura di Nuoro per la gestione dell’unico centro permanente di rimpatrio in Sardegna.

E sempre di prefetture si parla consultando i documenti di un’altra delle più grandi realtà italiane: la siciliana Badia Grande o anche - come la definiscono i giornali locali - “asso pigliatutto dell’accoglienza. La storia di questa coop nasce con la condanna del fondatore, Don Sergio Librizzi - ex numero uno della Caritas di Trapani - per induzione alla corruzione e, si scopre, abbia gestito, accanto a Medihospes, anche il Cara di Mineo, il centro accoglienza invischiato nell’inchiesta di Mafia Capitale.

Oggi il presidente, Antonio Manca ha all’attivo un processo su richiesta della procura di Bari con l’accusa di aver frodato lo Stato, un’inchiesta ad Agrigento e un processo a Trapani per truffa allo Stato. Ed è proprio a Trapani che qualcosa non torna: nel 2021 infatti la prefettura aveva affidato un bando da 18 milioni di euro alla coop nonostante le indagini del patron Manca fossero giù terminate e dichiarato colpevole. Dal canto suo la Prefettura, quando venne fuori la cosa, disse di non sapere e che “se avesse saputo, questo fatto avrebbe potuto influire sulla scelta”. In realtà sembrerebbe che la Procura di Trapani avesse comunicato l’iter alla prefettura e proprio questa non si sarebbe costituita parte civile.

Ma c’è di più: la stessa prefettura di Trapani tra

il 2021 e il 2022 ha erogato alla coop più di 778 mila euro per l’hotspot siciliano di Pozzallo. A ciò si aggiunge l’hotspot di Lampedusa che la Badia Grande ha vinto con un appalto da 2,9 milioni di euro.

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