Fini se vuol risparmiare dimezzi i suoi privilegi

Il leader Fli vuole accreditarsi come paladino anti casta ma per rendersi credibile dovrebbe iniziare da se stesso

Fini se vuol risparmiare dimezzi i suoi privilegi

Roma - Si dice che peggio della politica ci sia solo l’antipolitica. Verità parziale. Perché probabilmente peggio di en­trambe c’è il tentativo dei politici di lun­go corso di improvvisarsi paladini del­l’antipolitica. D’altra parte di fronte alla palese incapacità della Casta di autori­formare la propria costituzione interna - quella che all’articolo 1 impone la rigi­da conservazione dei propri privilegi ­un leader di partito che provi a indossa­re il vestito dell’antipolitica finisce per avere la stessa credibilità di Attila in pri­ma fila alla marcia della pace di Assisi o di Pantagruel testimonial di un prodot­to dimagrante.

Eppure la tentazione di portare sul pal­coscenico questo numero di illusioni­smo risulta evidentemente irresistibile. Ci ha provato per primo Antonio Di Pie­tro invitando i partiti a «restituire il mal­tolto ». Ora a farsi promotore di un nuo­vo tentativo di ipnosi collettiva è Gian­franco Fini. Racconta Altero Matteoli co­me il presidente della Camera sia deposi­tario di uno speciale talento: «È in grado di arrivare in un paesino sperduto e far percepire a chi lo ascolta di essere perfet­tamente a conoscenza dei loro proble­mi ». Una prerogativa oratoria e una rico­nosciut­a capacità mimetica che non pos­sono assicurargli la riuscita di un nume­ro degno dell’ultimo Houdini: trasfor­marsi in un ossimoro vivente, un politi­co- antipolitico.

«La politica balla sul Titanic» dice Fini a Repubblica . «È peggio del ’92, rischia di implodere tutto il sistema. Sta suonan­do la campana dell’ultimo giro. Riforma­re i rimborsi elettorali non basta. Biso­gnerebbe dimezzarli. E ridurre il nume­ro dei parlamentari. Attenzione a non dare l’impressione di una politica che parla di riforme e non le fa mai».

Parole sante. Ma nell’Italia del disin­canto, in un tempo in cui tutti ma pro­prio tutti puntano il dito contro re e parti­ti e ne riconoscono a voce alta la nudità, ascoltare un politico di professione ­uno di quelli che l’opinione pubblica, a torto o a ragione, piazza nel girone degli «esentati» dal confronto con la vita reale - dettare un decalogo di austerità non può risultare credibile. Soprattutto se l’affondo arriva da chi è stato eletto per la prima volta in Parlamento nel 1983 e nel 2013 «compirà» i 30 anni da parla­mentare, insieme a Pier Ferdinando Ca­sini e Francesco Rutelli.

Il curriculum da «tagliatore di privile­gi » del presidente della Camera, peral­tro, non è fittissimo. E i più maligni so­stengono che il taglio entrato maggior­mente nell’immaginario collettivo sia quello al valore di mercato della famosa casa di Montecarlo: 300mila euro inve­ce degli 819mila certificati dalla camera immobiliare monegasca. Fini, d’altra parte, da presidente della Camera incas­sa ogni mese più di 20mila euro. A sua di­sposizione anche un «plafond il­limitato » per il «Fondo spese di rappresentanza», come ha recentemente documentato Italia Oggi . A questo va ag­giunta la franchigia postale, la dotazione di apparati tele­fonici e uno staff di tredici persone. E non è escluso che possa continuare a gode­re di parte di questi privilegi do­po il 2013. Recentemente l’ufficio di pre­sidenza ha tagliato i benefit a vita per gli ex presidenti. Ma la misura è stata resa applicabile soltanto su Pietro Ingrao e Irene Pivetti. Per gli altri- Violante, Casini, Bertinotti e Fini- quei bene­fici (ufficio con 4 addetti, auto quando necessario e plafond di bi­glietti aerei) rimarranno fino al 2023. La rinuncia di Casini ha, pe­rò, messo in difficoltà Fini e non si esclude un beau geste .

Sul fron­te dei redditi il politico bolognese è passato dai 124mila euro del 2007 ai 201mila del 2012. Per quan­to riguarda il parco auto, nel 2008 il leader di Fli risultava proprieta­rio di una Mini Cooper, di una Smart coupè e di un’Audi S4 ca­briolet. Naturalmente Fini ha a disposizione una berlina di Sta­to con autista. Nel marzo del 2010, però, la disciolta An ac­quistò per 97.740 euro una Bmw 750.

Dopo otto mesi di utilizzo, il Giornale scoprì l’acquisto e Donato Lamor­te, parlamentare vicino al presidente della Camera, annunciò il ritorno dell’« autovettura (per espressa volontà di Fini) nella dispo­n­ibilità esclusiva del Comi­tato di gestione». Numeri e privilegi che non rendono certo facile scendere in cor­sa dal Titanic. Accomodar­si su una scialuppa di sal­vataggio. E osser­varlo affonda­re in lonta­nanza.

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