Nostalgia canaglia. Il filo rosso che li lega al passato, quelli del Pd, non riescono proprio a reciderlo. È più forte di loro: a parole i dem auspicano un rinnovamento radicale della sinistra, ma nei fatti hanno sempre in testa (e nel cuore) il progetto nostalgico del grand rassemblement progressista. Sognano l'eterno ritorno della "Cosa rossa", ovvero di una gioiosa macchina da guerra, ma in versione 4.0. Lo si evince anche dalle recenti reazioni al voto in Lombardia e nel Lazio, che ha sancito l'ennesimo flop elettorale per le opposizioni.
Bonaccini e la tentazione del campo largo
A fronte della disfatta, l'unica reazione pervenuta dagli ambienti della gauche italica è stata quella di ricreare un accorpamento per arginare il centrodestra. Caspita, che ideuzza orginale: mai sentita prima. L'ideale chiamata alle armi è partita, a nemmeno 48 ore dalla sconfitta, proprio da uno dei volti più rappresentativi del futuro Pd: Stefano Bonaccini. Il candidato alla segreteria dem, replicando alle recriminazioni post-elettorali del leader del terzo polo, ha infatti dichiarato: "Calenda non lo deve dire a me che il Pd ha perso, l'ho detto io. Abbiamo perso, ma perdendo come e peggio del Pd, Calenda e i Cinque Stelle devono porsi il problema che senza il Partito Democratico non potranno mai vincere le elezioni in questo Paese". Messaggio non troppo complesso da decifrare.
Il mancato rinnovamento e gli errori di calcolo
Per chi non lo avesse capito, Bonaccini ha esplicitamente teso la mano a terzopolisti e pentastellati per la composizione di un grande fronte progressista. In pratica, ecco teorizzato il ritorno del campo largo in chiave anti-Meloni: un progetto che puzza di naftalina solo a nominarlo. Ma il presidente dell'Emilia Romagna non era quello intenzionato a evitare gli errori del passato? L'impressione è che a sinistra molti stiano facendo ragionamenti di natura algebrica, supponendo che la somma di Pd, 5s e terzo polo possa risultare conveniente alle urne. Ma il calcolo è fallace: come annotavamo su queste pagine, infatti, nella recente tornata regionale nemmeno la "Cosa rossa" avrebbe potuto fermare l'impetuoso ciclone di centrodestra. Il Lombardia sarebbe finita con un 55% circa contro il 43% della sinistra; nel Lazio 52% contro 45%.
Elly Schlein e la mano tesa ai 5s
"Serve uno choc, serve Elly Schlein. L'unica che può rispondere a una domanda di rinnovamento", ha affermato Nicola Zingaretti, deputato Pd ed ex governatore del Lazio. Ma il paradosso è che il progetto politico proposto dalla deputata dem è tutt'altro che nuovo. La candidata alla segrerieria, con la sua mozione tutta diritti Lgbt, migranti e ambientalismo, sembra lontana dalle urgenze lamentate dallo stesso elettorato progressista. Ed è altresì curioso che pure Schlein sia tentata dal ritorno del campo largo, esteso in primis ai Cinque Stelle. "Credo sia irresponsabile non provare, con le altre opposizioni, a trovare fronti di battaglie comuni", aveva sottolineato di recente la stessa Elly.
Le inutili poligamie elettorali
Ma a sinistra si ostinano a compiere un grosso errore di valutazione, peraltro comune a tutte le opposizioni.
Il problema, prima ancora che nei numeri, è infatti nei contenuti. Inutile tentare strane poligamie elettorali: allo stato dei fatti, la somma di progetti già bocciati dai cittadini non sarà tanto diversa dal riscontro perdente suscitato dalle singole proposte.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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