Una volta si diceva: «Ammazza ammazza è tutta una razza». E ci si riferiva a certe banche,che sono ancora d’attualità. Altre sono state ingiustamente dimenticate. Per esempio la Banca del Salento, guarda caso acquistata - proprio con l’Antonveneta - dal Monte dei Paschi di Siena per un prezzo astronomico rispetto al reale valore. Ma allora è un vizio? Sissignori, un viziaccio della sinistra italiana, leggi Partito democratico, nato sulle ceneri (o carboni ardenti) del Pci. Il Pd in questi giorni di campagna elettorale fa il «piangina», i suoi dirigenti - Pier Luigi Bersani in testa - si atteggiano a vittime di non si sa bene chi, forse di se stessi; probabilmente sono imbarazzati e non sanno come uscire dall’angolo in cui si sono cacciati. Nessuno li accusa di essere i padroni del terzo istituto di credito nazionale (Mps), ma è un fatto che agiscono come se lo fossero, in quanto la nomina del management spetta loro tramite il partito dominante a Siena, dove i democratici fanno il bello e soprattutto il cattivo tempo, incontrastati.
È noto: chi detiene il monopolio politico comanda. Anche sulle banche. Cosicché nel 2003 - cito a memoria la Banca del Salento, in difficoltà per vari motivi, i soliti, fu acquisita dal Mps con un’operazione di salvataggio assai onerosa. Ma la cosa, essendo stata condotta in famiglia (la sinistra), suscitò sì scalpore, ma non troppo e non troppo a lungo. Nell’affare ebbe parte e questa è una mera curiositàun tale che salì agli onori della cronaca perché socio nautico di Massimo D’Alema: i due comprarono la famosa barca, anni più tardi ceduta. Un dettaglio.
Chi volesse approfondire la questione della Banca del Salento graziosamente ritirata dal Monte dei Paschi, potrebbe leggersi il libro di Alberto Statera, Fratelli d’Italia , e si farebbe due risate. L’autore del saggio, peraltro, non è uno sporco berlusconiano, bensì una penna di sinistra al servizio della Repubblica . Morale della favola. C’è un precedente alla schifezza emersa ora dai conti di Mps: ci riferiamo appunto alla follia di Antonveneta, «strappata» alla spagnola Santander per circa 10 miliardi (nel 2007), tre mesi dopo che questa l’aveva inglobata per quasi 7. Bel colpo: tre miliardi, un miliardo al mese, non è robetta. Qualcuno sospetta sia girata qualche stecca o steccona, ma finora nulla è stato accertato. Amen.
Poi c’è la storia dei derivati, titoli tossici, bellamente presi dal Mps per un totale di 900 milioni di euro, così, tanto per assicurarsi una figura di palta, dato che anche gli sprovveduti nel 2009 sapevano trattarsi di carta straccia. Che c’entra il Pd in tutto questo? L’abbiamo detto e lo ripetiamo: l’istituto senese è rosso per definizione, culo e camicia coi progressisti. Un legame non di affetto, non di simpatia, ma di palanche: nella banca non si muove foglia se non per ordine del partito.
Se il concetto è chiaro, si comprende ciò che è accaduto e persino quello che non è accaduto e sarebbe dovuto accadere. Per esempio qualche visita negli uffici di Siena dei signori addetti ai controlli. Che avrebbero trovato materiale interessante per aprire indagini serie. Invece, in Italia la Guardia di finanza è rigorosa e implacabile nelle verifiche contabili eseguite presso artigiani e piccole imprese, che magari fregano 1. 000 euro, ma trascura le banche che - a quanto pare- mandano al macero (si fa per dire) miliardi e miliardi. Poi c’è chi se la prende con l’antipolitica. Ma andate all’inferno, non al seggio a votare Pd.
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