Milano. Una settimana al voto, e non c'è aria di rivoluzione in Lombardia. Le sensazioni, i numeri, l'inerzia di questa fase politica; tutto sembra dire che il governatore Attilio Fontana è favorito, destinato a succedere a se stesso, anche perché il profilo dell'avversario Pierfrancesco Majorino, alleato anche con i 5 Stelle, sembra fatto apposta per non convincere i lombardi. In quella che da ormai un trentennio è la sua roccaforte inviolata, moderata e produttiva, il centrodestra sta producendo lo sforzo massimo. La Lega ha annunciato 700 gazebo nel week end, anche più dei 500 preventivati, ma tutto la coalizione è in campo col suo radicamento nella «Lombardia profonda» e con la spinta di una «luna di miele» che, dopo il trionfo delle Politiche, non sembra voler tramontare. Il Pd in Lombardia esiste, governa quasi tutti i capoluoghi a partire da Milano, ma da sempre dà la sensazione di non sapersi connettere con i sentimenti profondi di questa regione. È così anche stavolta, nonostante tutto. I proclami non mancano e non sono mancati. Anche quelli più spavaldi e arditi. «I sondaggi non li state a guardare - ha detto ieri Stefano Bonaccini, governatore emiliano e candidato alla segreteria del Pd - Io ero dietro 10 punti. Contano i voti dei cittadini nelle urne». E in effetti i numeri lasciano poche speranze. Le rilevazioni vere, pubblicate nei giorni scorsi, attribuiscono tutte 10 punti di vantaggio al presidente uscente; e alla colazione che lo sostiene cifre intorno al 50%, ai livelli del voto di settembre. A sinistra, dunque, la montagna ha partorito il solito 30% circa. Un voto su tre, infatti, è il dato che le stime assegnano all'eurodeputato Majorino, nella migliore delle ipotesi. La montagna delle accuse montate in era Covid, la campagna aggressiva e mistificatoria e i riflessi giustizialisti, alla fine non hanno fatto breccia, anche per la scarsa credibilità degli accusatori. In Lombardia il biennio della pandemia è stata durissimo, più duro che altrove per ragioni complesse, ma gli umori dei cittadini confermano che non ha fatto presa la narrazione colpevolista e catastrofista portata avanti dalla sinistra, contro Fontana ma anche contro il sistema lombardo. E Majorino, prodotto del vivaio post-comunista di marca Pds-Ds, di questa narrazione è stato fra i principali artefici. A peggiorare le cose, la corsa indecifrabile di Letizia Moratti, che fino a pochi mesi fa era la vice di Fontana, poi ha cominciato ad agitarsi per contendergli la «nomination» e infine - più per puntiglio che per calcolo - si è dimessa, ponendosi alla testa di uno schieramento avverso che potrà forse ingrassare il quoziente elettorale del Terzo polo - che la sostiene - ma non certo puntare a vincere. Moratti ha messo in campo tutto il suo potenziale, non di poco conto, ma in definitiva la sua corsa ha spaccato il campo del centrosinistra e non quello di Fontana. La sfida dunque sembra per il secondo posto, con Majorino e, se andasse male, la ex sindaca di Milano resterebbe fuori dal Consiglio.
Attilio Fontana ha tenuto i toni bassi, negli ultimi giorni completerà il suo tour, martedì a Milano al Dal Verme col centrodestra, il giorno dopo nella sua Varese con la sua lista e infine venerdì a Brescia con la Lega. È sereno, e ha già prenotato un viaggio di due giorni con la moglie per staccare, martedì.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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