La furbata di Bersani e Casini: nascondere Vendola nella lista

Il diktat del segretario Pd e del leader Udc spinge il governatore nell'angolo: o Sel finisce sotto un simbolo unico per rassicurare i centristi o sarà fatto fuori

Roma - Si sfoghi pure nella «cavalcata delle primarie», Nichì Metallurgico Vendola, ferito nell'onore. Ora che gli è stata restituita la dignità di «persona perbene» e che anche il dolore e la vergogna di «essere confuso con un Fiorito qualsiasi» sono svanite come neve al sole. «Bersani vuole Casini nel centrosinistra, Renzi i banchieri che ci hanno portato alla crisi. Chi sceglie me non sceglie Casini e non rinuncia alle nostre battaglie». Ha ragione, Nichi. Parli ora, perché la mordacchia è già pronta nel cassetto di Bersani, il saio che lo camufferà in quello di Casini.
L'operazione a tenaglia è partita da tempo, e non ha subito intoppi. Manca qualche dettaglio, non irrilevante, come la legge elettorale, ma il resto ha funzionato a meraviglia. Le elezioni siciliane come prova generale: Sel prima costretta in un angolo e poi fuori dai giochi, a futuro monito; il comunista omosessuale Crocetta sugli allori con la benedizione casinista, tanto per dimostrare come si sta a tavola; Pd e Udc al governo nonostante la penosa consistenza elettorale. Come non cogliere la portata esemplare di ciò che è avvenuto? Come non apprezzare la pirandelliana capacità di trasmutare la forma e capovolgere il luogo comune in nome del potere?
Questo è quanto accadrà a Roma, in primavera. Bersani ieri l'ha battezzata «un'isola di governabilità in un mare di rancore». Salvo che a Palazzo Chigi non siederà alcun Crocetta, e Vendola dovrà accontentarsi di portare in Parlamento un bel gruppo. Che, se tutto andrà secondo gli auspici del gatto di Bettola e della volpe di Bologna, potrebbe perdere il nome di Sinistra e libertà, accucciandosi nell'indistinto Pd-socialisti-Sel. A quel punto, il mascheramento sarebbe completo, l'anima venduta al diavolo, e ogni protesta vendoliana finirebbe nel gran ventre del Pd che tutto contiene e tutto digerisce. L'importante sarà non disturbare troppo i manovratori, perché fin dall'inizio dell'operazione Pierfurby si spartì il lavoro con Bersani: «Tu organizza il campo dei progressisti, io quello dei moderati». E se qualcuno vorrebbe la lista «Italia, bene comune» già nell'urna, sarà solo il simbolo di un Pd che s'è pappato pure Nencini e Vendola.
Nichi, che non è fesso, ha capito tutto. Ma l'esperienza siciliana (con Idv e Federazione della sinistra) era nata male e gli dà ora qualche freccia in più: «Fuori dal centrosinistra lo spazio per una sinistra antagonista è solo quello della mera testimonianza», ha dichiarato. Con una postilla forse sfuggita ai più: «Però Bersani smetta di parlare due lingue, una con me e una con Casini». Una preghiera, più che un grido di battaglia. In fin dei conti Vendola da tempo apprezza più il governo che la lotta, di cui ha imparato l'inutile e dannosa vanità. E dunque, per forza o per virtù, reclama l'«alleanza larga» proprio mentre all'Udc cucinano il vitello grasso («Se il Pd fa un listone con Sel non c'è problema, sarà Bersani a gestire la sinistra») e, assieme ai moderati del Pd, provano ad alzare pure il prezzo. Con Bersani a ribadire che va bene, «ognuno adesso prende la sua posizione e il suo profilo, però senza l'Udc e Casini non si esce dai guai».

Vendola, che è uomo d'onore, ha già promesso che «non intendo blindarmi nella sinistra arcobaleno». Se c'è da blindarsi, che sia almeno in sagrestia. Casini e Bersani celebranti.


È la proiezione del Pd alle prossime elezioni. Il Terzo polo invece si attesterebbe al 9,7%

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