Maurizio Leo, da viceministro all'Economia ha assunto su di sé l'onere della riforma fiscale. Qual è l'obiettivo minimo e massimo di questa riforma?
«Il disegno di legge delega che il Parlamento si appresta ad approvare getta le basi per un riordino complessivo del sistema fiscale, a oltre 50 anni dall'ultima grande riforma. In mezzo secolo è cambiato il mondo. Il nostro è un progetto di legislatura per una riforma capace di intervenire su ogni ambito del sistema. Occorre razionalizzare e semplificare i tributi, dalle imposte sui redditi all'Iva. Va fatta una vera semplificazione degli adempimenti, ripensati l'accertamento, il contenzioso e la riscossione. Il sistema sanzionatorio deve recuperare il nesso tra gravità dei comportamenti e livello delle penalità. Non esistono obiettivi minimi. Esiste la necessità di cambiare il fisco e di farlo bene».
Lei ha detto che il riordino dell'Irpef è imprescindibile.
«È un tassello fondamentale perché l'Irpef è l'imposta più importante del sistema, sia in termini di gettito sia in termini di cittadini-contribuenti coinvolti. Vogliamo un'imposta che ritrovi la sua identità, più semplice, che tassi tutti allo stesso modo nel nome dell'equità orizzontale. Verranno riordinate tutte le categorie di redditi individuali: da quelli agrari a quelli immobiliari a quelli sul risparmio».
La flat tax è un obiettivo realistico?
«Il nostro progetto è di arrivare a un sistema con un'unica aliquota, dove la progressività verrà garantita dalla combinazione tra un'area di esenzione e detrazioni in funzione del reddito. Si tratta di un percorso da costruire passo dopo passo, entro la fine della legislatura, senza forzature finanziarie. La prima fase sarà il passaggio dell'Irpef a tre aliquote, abbinato a un riordino iniziale delle spese fiscali, preservando però alcune voci: la casa, la famiglia, la salute, per citarne alcune».
Come costruire un nuovo rapporto tra contribuente e Stato?
«Quattro punti fermi: semplificazione degli adempimenti; chiarezza dei testi normativi; certezza del diritto; dialogo e collaborazione».
Cosa risponde a chi sostiene che i governi di centrodestra fanno più fatica a combattere l'evasione?
«Non ci piace la retorica della caccia all'evasore. Ma l'art. 2 indica tra gli obiettivi proprio il contrasto all'evasione. Nonostante l'ottimo lavoro dell'agenzia delle Entrate, la nostra evasione resta a livelli elevati, con 80-100 miliardi all'anno di tasse perse. Allora cosa ci impedisce di cercare nuove strade? Puntiamo su banche dati, digitalizzazione e tecnologie e sugli strumenti in grado di favorire la tax compliance, l'adempimento spontaneo. Vogliamo ampliare l'utilizzo della cooperative compliance per i contribuenti più grandi, con una procedura che consenta di certificare la correttezza dei propri comportamenti fiscali. Per i più piccoli intendiamo introdurre un accordo per definire in anticipo le imposte da pagare, in cambio di semplificazioni e certezze».
Le imprese italiane invocano semplificazioni.
«La semplificazione è uno dei cardini della riforma. Per le imprese ci saranno molte novità, coordinate con le misure in arrivo a livello internazionale, nel 2024 entrerà in vigore la Global minimum tax. Il nuovo contesto potrà rendere il nostro paese più attrattivo per chi vuole investire qui».
È fiducioso sul reperimento delle risorse?
«Avremo la risposta in autunno, con l'aggiornamento del Def. Alcuni segnali positivi si possono cogliere. Le stime preliminari dell'Istat rivelano che nel primo trimestre la crescita del Pil è stata dello 0,5%, che proietta una dinamica dell'1,8% su base annua, livello ben più alto delle caute previsioni fatte nel Def, con crescita all'1%. Una parte di non minore importanza della riforma riguarda la semplificazione delle procedure, il miglioramento del rapporto tra fisco e contribuente, l'accertamento, il contenzioso, la riscossione. Misure per cui non servono grandi risorse e che possono aumentare il gettito».
La preoccupa il segnale arrivato da Goldman Sachs sui Btp?
«Non più tardi di una settimana fa, Standard & Poors, confermando il suo rating sull'Italia, ha sottolineato come Giorgia Meloni abbia perseguito, in tema di politica di bilancio, un approccio moderato e pragmatico. Tanto la manovra quanto gli altri provvedimenti economici hanno mantenuto quel grado di prudenza fiscale necessario a navigare in tranquillità. Questo sarà l'approccio anche per il futuro. E i dati Istat sono un segnale importante. Se si segue questa via, non ci sono allarmi e preoccupazioni».
Come sono i rapporti con il ministro Giorgetti?
«Abbiamo un solido rapporto fatto di stima e competenze che risale ai molti anni di attività parlamentare alla Camera, lui più volte presidente della commissione bilancio, io vicepresidente della Finanze e presidente della vigilanza sull'anagrafe tributaria.
Il ministro ha ripartito le deleghe in modo ineccepibile il che rende più agevole il lavoro di tutti. La collaborazione è uno dei nostri punti di forza. E rende più fluido e costruttivo il rapporto con le forze di maggioranza».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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