Roma - Il premier Renzi ostenta calma via Twitter: «Dicevano che era una televendita. Poi che non c'erano le coperture. Poi le coperture sì, ma non quelle. Amici gufi ma aspettare venerdì, no?». Camomilla social andata a vuoto, perché la vigilia del Consiglio dei ministri del taglio Irpef per i redditi più bassi è tutto tranne che tranquilla, tra annunci di tagli drastici (si parla di stipendi dimezzati ai direttori dei telegiornali Rai) e lettere che scompaiono.
Ieri è appunto scoppiato il caso della comunicazione ufficiale con la quale il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan annuncia all'Ue il rinvio del pareggio di bilancio di un anno. Il capogruppo di Forza Italia alla Camera Renato Brunetta batte da giorni sul mancato rispetto delle procedure Ue. Ieri la resa dei conti.
Durante una capigruppo Brunetta ha chiesto al presidente della Camera, Laura Boldrini, di acquisire copia della lettera di Padoan all'Ecofin per chiedere il rinvio del pareggio di bilancio. Ne è nato un diverbio. «Un vivace scambio di opinioni con la Boldrini - ha raccontato lo stesso Brunetta - che a un certo punto si è alzata e se n'è andata. A questo punto penso male e penso che la lettera non ci sia».
In serata il ministero dell'Economia ha trasmesso al Parlamento le comunicazioni con la Commissione Europea nella quale si «contempla uno scostamento dall'obiettivo di medio periodo della finanza pubblica». E si giustifica il ritardo con «circostanze eccezionali, dobbiamo pagare 13 miliardi di debiti della pubblica amministrazione». La commissione ha risposto prendendo atto della comunicazione e annunciando che «vigilerà sul percorso di aggiustamento».
Partita chiusa? Forse no. Ieri, ad esempio, il vicepresidente della Commissione Ue Antonio Tajani confermava che, in ogni caso, «non credo sia sufficiente una lettera, credo si debba trattare in maniera più approfondita la materia con il mio collega responsabile delle politiche finanziarie». Il via libera al rinvio del pareggio, insomma, non è scontato.
Oltre al pressing parlamentare, ieri l'esecutivo ha continuato a lavorare sulle coperture. Ci saranno sorprese; un piano di tagli talmente drastico che ieri Matteo Renzi ha avuto la tentazione di andare in televisione. Per spiegarlo, ma anche per prendersene il merito. Idea tramontata dietro consiglio dei più stretti collaboratori.
Non ci saranno misure sul canone Rai. Presentata come «misura per il recupero dell'evasione Rai», consisteva in un meccanismo che avrebbe trasformato il governo in un esattore dell'evasione da canone, con l'obiettivo dichiarato di fare una «cresta» da 150 milioni, sulla cifra recuperata, per coprire parte del taglio Irpef che dovrebbe essere approvato al Consiglio dei ministri di domani. L'ipotesi che circolava ieri era di legare il pagamento del canone alla bolletta elettrica o alla semplice presenza di un nucleo familiare.
Di fatto, la trasformazione del canone in una tassa dalla quale non è possibile scappare. In serata Palazzo Chigi ha fatto uscire una smentita di quelle che non lasciano spazio a ulteriori cambiamenti di marcia: «Ipotesi destituita di fondamento».
Ma un pacchetto Rai ci sarà. E ieri fonti parlamentari parlavano di tagli drastici.
Al bilancio dell'azienda, ma anche agli stipendi dei dirigenti e, soprattutto, a quello dei direttori delle testate giornalistiche, per i quali dovrà valere lo stesso limite degli alti dirigenti di Stato: nemmeno un euro in più rispetto allo «stipendio» del presidente della Repubblica, cioè 239mila euro. Confermati i tagli alla sanità (due miliardi), i tagli ai ministeri (un miliardo). In arrivo anche un accelerazione sulla privatizzazione delle ex municipalizzate.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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