Miracoli della Nuova era Grillina, parte seconda. Dopo aver impiegato più di un mese a comporre una giunta comunale, scene che manco nella prima repubblica correntizia e democristiana, il sindaco di Parma Federico Pizzarotti ci dà un altro assaggio di azione politica moderna. L'idea, più o meno, suona: sprofondare una città vitale come quella emiliana nel proibizionismo anni Venti. È notizia di questi giorni: l'ordinanza sindacale con cui l'ineffabile Pizzarotti vieta la vendita di alcol dalle 21 alle 7, fatte salve attività artigianali «con vendita di beni alimentari di produzione propria», in pratica pizzerie d'asporto e kebab dove è ammesso il consumo all'interno. Per il resto, la sera Parma si fa granducato della virtù, con caccia aperta al libero cicchetto.
È la democrazia 2.0 (nel senso del tasso etilico bandito), l'applicazione pratica delle sfuriate portate in giro per l'Italia dal capo del partito (in questo caso Capocomico). Una triste involuzione al di qua dei paletti minimi della società liberale, quisquilie come la libertà d'impresa, di stile di vita, di fruizione di una città con canoni occidentali, non khomeinisti. Forse non è un caso, che recentemente Grillo abbia lodato l'Iran degli ayatollah, dove «la donna è al centro della famiglia» e «l'economia va bene, le persone lavorano».
Del resto, tutto vale nel perenne show imbastito dal Beppe. Il quale sul suo sito ha benedetto personalmente la trovata di Pizzarotti con un post, l'equivalente dell'oracolo per il Movimento, in cui si spiega come la movida abbia ridotto Milano, «capitale della 'ndrangheta, dello sballo e del chupito» (massì, il boss e l'avventore pari sono), da cui «risse, accoltellamenti, aggressioni ai residenti, spaccio di droga, siringhe infette abbandonate nei portoni», e vagli a spiegare che si parla di responsabilità dell'individuo di fronte alla legge e di politica della sicurezza (su cui l'altro guru contestatario Giuliano Pisapia ha sì delle carenze, e lo sfaldamento dell'armata arancion-grillesca è la vera notizia di quelle note), mica del mojito del milanese a lenire una giornata di lavoro. Si potrebbe inoltre incidentalmente buttar là che desertificare una città è esattamente il metodo per alimentare l'insicurezza, non per contrastarla, ma non c'è niente da fare, le suffragette a Cinque stelle, con questo provvedimento, intendono «difendere i ragazzi dall'alcolismo». Che suona un po' come serrare i ristoranti per combattere la bulimia. Ma soprattutto: la perifrasi è un brivido dietro la schiena, le amministrazioni non hanno compiti salvifici o guaritori, non devono correggere nessun comportamento individuale se non c'è danno per l'altro, nessun guitto può venire a sindacare il bicchiere delle undici, dell'una, delle tre, di chicchessia. È un'invasione della farsa nell'ambito della politica, il cabaret che crede a se stesso. E deprime l'economia, come ha provato civilmente a far notare la Confesercenti di Parma.
Niente da fare: i fenomeni che l'ordinanza «intende contrastare» (c'è scritto proprio così, e qui la comicità è involontaria) «sono riconducibili alla presenza di un considerevole numero di bar, esercizi commerciali ed esercizi artigianali alimentari, e conseguentemente di una forte aggregazione di persone». Giusto, meglio le città con i locali chiusi, i commerci decaduti, gli artigiani in fuga e le vie deserte. A quel punto, ci sarà spazio solo per un lungo, infinito monologo del Capocomico.
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