Basta prendere il soggetto e sostituirlo, poi riportare l'orologio indietro di alcuni mesi. La situazione è la stessa ma le parti sono invertite. Questa volta, che piaccia o meno, a elemosinare consensi è il Movimento 5 Stelle, non il Partito Democratico.
Tutto era iniziato con le avance dell'allora segretario, Pier Luigi Bersani, a caccia dei numeri necessari per tenere in piedi un governo. Il leader del Movimento, Beppe Grillo, non aveva esitato a tuonare dal suo blog e nelle pubbliche piazze contro il tentativo dei Democratici di distogliere i grillini deputati e senatori dalla retta via dell'assenso, ma solo sulle singole proposte.
La seconda partita del gioco si gioca in questi giorni. E parla di una situazione del tutto capovolta, in cui - complice il terremoto interno al Partito Democratico e la rinnovata ondata di correntismo - è Grillo a mendicare assensi.
Certo, i giovani del Pd hanno dato ai 5 Stelle un'ottima scusa. L'occupazione delle sedi di partito nei giorni della decisione sul nome a cui affidare il Quirinale ha fatto respirare a Grillo un'aria famigliare. Ma se il comico genovese cerca di convincere i Democratici a "stracciare quella cazzo di tessera" non è solo per questo.
Il leader del M5S cerca di irretire i giovani inquieti del Pd con un programma fatto dalle "stesse idee", che poi sarebbero "acqua pubblica, scuola pubblica, sanità pubblica, trasparenza". L'invito è rivolto a tutti quelli "che non ci daranno mai il voto perché sono troppo incazzati con i loro dirigenti".
538em;">Tutto nobile e teso al bene superiore del Paese. In apparenza. Che poi i 5 Stelle abbiano perso più di qualche consenso dopo l'exploit elettorale, e tentino di recuperare consensi sulle disgrazie altrui, ovviamente è tutta un'altra storia.
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