I cinque paletti di Berlusconi: ecco gli errori da non ripetere

Berlusconi sposa la linea dei mediatori: evitiamo le scissioni e non cediamo ai richiami dei centristi. E sulle tasse: no Imu

L'ex premier Silvio Berlusconi esce da Montecitorio
L'ex premier Silvio Berlusconi esce da Montecitorio

Berlusconi resta ad Arcore a godersi l’affetto dei fa­miliari. Ne ha bisogno in un momento drammatico. È giù di corda perché anche i servizi sociali, preferiti agli arresti domi­ciliari, non sono e non saranno una passeggiata. Quello che più lo atterrisce è l’ingiustizia di una sentenza che grida vendetta. A ciò si aggiunge il malumore per un voto in Senato, in Aula, che appare scontato: sarà decaden­za. E quindi un futuro alla mercé del pm di turno che, in cerca di gloria per la bastonata definiti­va, infierirà su di lui.Certo,c’è an­cora chi gli recapita messaggi soft e rassicuranti. Del tipo: ve­drai che con il voto segreto nulla è scontato; non fasciamoci la te­sta prima di essercela rotta. L’ipotesi è un accordo sottoban­co dove parte di pi­ddini o addirit­tura grillini votino controcorren­te e salvino il Cavaliere. Ma è un patto che nessuno può svelare né soprattutto garantire. Berlu­sconi come sempre ascolta, prende atto, riflette. A un salva­taggio in extremis, tuttavia, cre­de poco.

Sente al telefono qualche pi­diellino lealista che ha bisogno di comunicare tutta la sua solida­rietà. Il Cavaliere apprezza, rin­grazia. Tra questi c’è Maurizio Gasparri, colonnello che ha sem­pre lavorato per l’unità del Pdl e sulla sua pelle ha vissuto il dolo­re di tanti strappi politici. Prima quello con Fini e i futuristi, poi quello con La Russa e i fratellita­lioti. E lui, Gasparri, tutte le volte è stato nel grande barcone del centrodestra perché «io al bipo­larismo credo davvero ». Ha sem­pre cercato di unire, consapevo­le che divisi si perde. L’ex colon­nello aennino, quindi, butta giù un pentalogo che sembra essere la vera linea del Cavaliere, sebbe­ne in queste ore venga tirato per la giacchetta da molti, specie gli alfanidi. Gasparri, che tra falchi, colombe, corvi e struzzi vuole fa­re l’aquila che vede oltre, sinte­tizza così «gli errori da non fare». Detta alle agenzie:«Primo:spac­care un grande partito mentre è in corso un attacco ingiusto e to­tale a Berlusconi.

Secondo: fare quello che i nostri competitori di sinistra si augurano avvenga, e cioè dividere i gruppi parlamen­tari. In casa nostra non coman­dano Enrico Letta, Epifani, Scal­fari, Bindi o Cuperlo. Terzo: ce­dere alla tentazione neocentri­sta, mai premiata dagli elettori (vedi Monti&Co.) e destinata a creare un centrino subalterno al­la sinistra. Quattro: rinunciare al bipolarismo. Gli italiani nonvogliono estremismi ma non ri­nunciano a un sano e trasparen­te confronto tra due progetti al­ternativi. Cinque: farsi dettare la politica fiscale da Fassina e quel­la dell’immigrazione dalla Bol­drini ». Sintesi. Fare la sintesi nel partito. E molti lealisti si accoda­no a Gasparri: da Altero Matteoli a Mariastella Gelmini, passan­do a Anna Cinzia Bonfrinsco.

In ogni caso Berlusconi lascia che il partito discuta. A dispetto dei resoconti di molti giornali, non sconfessa af­fatto la linea del le­alista Fitto. Lo con­ferma Altero Mat­teoli: «Berlusconi lo conosco da an­ni e non ha mai, di­co mai, sconfessa­to nessuno. Ha sempre ascoltato tutti, dal primo al­l’ultimo. Poi, cer­to, ha deciso e deci­de come è giusto che faccia un lea­der ».

Sebbene non metta più in discussione l’ap­poggio al governo, Berlusconi su un punto non transi­ge: «Non dobbia­mo ammainare le nostre bandiere», dice. Specie in ma­teria di politica economica e fisca­le. Niente reintroduzione del­l’Imu sulla prima, quindi, e nien­te tasse. Pena il tradimento di va­lori e programmi che sono il cuo­re dei moderati.

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