I colonnelli Pd scaricati rovinano la festa a Bersani

Da Franceschini alla Finocchiaro, tra gli esclusi dalle poltrone si scatena il malumore Il partito disorientato: dopo la rottura con Monti, non ha i numeri per governare

I colonnelli Pd scaricati rovinano la festa a Bersani

«E adesso?». Al termine di una giornata di gloria, in cui i bersaniani battono la grancassa («Abbiamo messo a segno la mossa del cavallo», è lo slogan più gettonato) e cantano vittoria sulle presidenze delle Camere, la domanda: «E adesso?» rimbalza nel Pd.

Che ha sì incassato le due fondamentali cariche per due «volti nuovi» e venuti da fuori della politica, e al Senato è anche riuscito a pescare una decina di voti di grillini meridionali lasciati a briglia sciolta dal capo, ma che si ritrova da capo a dodici. La maggioranza potenziale, da vendersi al Quirinale per ottenere un incarico «vero» per Bersani continua a non esserci. Anzi, dopo la clamorosa rottura dell'altra notte con Mario Monti, la sponda di Scelta Civica - essenziale al Senato - è più lontana. Si punta a dividere i montiani, recuperando i molti inferociti con il premier per la sua «forzatura» auto-promozionale, ma i numeri sono incerti. E i voti grillini, sul governo del segretario Pd, continuano a mancare. «Più di un giro esplorativo, per certificare che le condizioni non ci sono, Napolitano non può concedergli», ragiona un esponente non Ds del partito. Continua a balenare l'ipotesi del pacchetto di voti leghisti, che assieme a quelli montiani potrebbe bastare a mettere insieme una pur pencolante maggioranza. Gli eletti del Carroccio maroniano da giorni implorano il Pd di non rimandarli al voto, dove temono di finire ulteriormente decimati. Ma quel che è certo, spiegano, è che non possono dare il voto a Bersani: se mai, e con la silenziosa benedizione di Berlusconi, ad un «governo del Presidente» che si occupi di un ridotto e definito programma, legge elettorale inclusa, di qui ad un anno. «Il Porcellum è il sistema elettorale perfetto per Grillo, per questo va cambiato prima di tornare al voto», spiega il Pd Andrea Orlando.

I grandi esclusi, che ancora venerdì sera venivano dati per prossimi eletti, mostrano un fair play da politici di vaglio: «Piacere, sono l'ex presidente della Camera», scherza Dario Franceschini con i cronisti. Mentre Anna Finocchiaro si fa vedere chic e sorridente in mattinata a Montecitorio, sottobraccio a Bersani che la ha appena depennata (togliendosi di torno anche una autorevole candidata per eventuali governi del presidente), ed è la prima a celebrare l'elezione di Grasso: «Ora la strada per il governo del Paese è un po' più larga». Il vero obiettivo di Bersani, dicono però nel Pd, resta quello di accelerare la strada verso elezioni anticipate ad inizio estate, evitando la formazione di governi di transizione e imponendo la propria ricandidatura a premier ad un partito in cui molti premono per cambiare cavallo e puntare su Renzi. E nel quale il malumore per la gestione della partita presidenze, che ieri si è manifestata con diversi voti di dissenso sulla Boldrini alla Camera e - prima del ballottaggio - su Grasso al Senato, rischia di creare nuove divisioni tra gli ex Ds e gli ex Margherita, allo stato esclusi dai giochi.

E c'è anche chi, come Marianna Madia, è andata a dormire alle due di notte convinta di essere la prossima presidente della Camera («Voglio una donna a Montecitorio», aveva detto Bersani dopo aver scelto Grasso) e ha scoperto all'alba di essere stata sostituita dall'esordiente Boldrini.

Milano Dopo un anno e nove mesi di liti, lunghi periodi di guerra fredda e minacce di dimissioni, la coppia Giuliano Pisapia-Stefano Boeri sembra ormai destinata a scoppiare. Il sindaco di Milano e il suo assessore alla Cultura, ex sfidanti alle primarie nel 2010, sono ai ferri corti. La goccia che ha fatto traboccare il vaso nelle ultime settimane è stata un'autorizzazione in deroga alle norme della sicurezza che Pisapia ha dovuto firmare last-minute per evitare che uno spettacolo organizzato dall'assessore saltasse, ma si è assunto personalmente parecchi rischi. Ancora due giorni fa, una lite su due mostre in programma a Palazzo Reale, 160mila euro di spesa. Oggi il sindaco doveva già annunciare il rimpasto: l'ingresso di due donne del Pd in squadra (Carmela Rozza e la deputata Ue Francesca Balzani) al posto degli assessori che si sono dimessi per Camera e Regione Lombardia.

E in giornata prenderà una decisione definitiva su Boeri, la lettera di licenziamento è sul tavolo. Nelle ultime settimane si sono mossi Gad Lerner e i salotti milanesi per salvare l'archistar, forse non basteranno ad evitare che ci metta la firma.

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