"I criminali usano il clic day". La denuncia ai pm sui migranti

Esposto della presidente del Consiglio al Procuratore nazionale Antimafia. "Un traffico di visti dietro il decreto flussi". Racket da 15mila euro a pratica

"I criminali usano il clic day". La denuncia ai pm sui migranti
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«C`è un traffico di visti dietro il Decreto flussi, una frode che aggira le dinamiche di ingresso regolare e genera un mercato da 15mila euro a pratica, tutto in mano alla criminalità». La denuncia del premier Giorgia Meloni, che ha presentato un esposto al Procuratore nazionale antimafia Giovanni Melillo, scoperchia il vaso di Pandora denunciato dal Giornale la scorsa estate e prima ancora ai tempi del governo giallorosso, quando al ministero degli Esteri c`era Luigi Di Maio. Ovvero, le manine delle mafie nella compravendita di finti permessi per venire in Italia, soprattutto dal Bangladesh ma anche da Pakistan e Sri Lanka. Un`inchiesta partita dal ritrovamento casuale di un visto anomalo di cui per primo si è occupato Giuseppe De Lorenzo il 2 luglio 2021. Ma andiamo con ordine.

«Dall`analisi dei flussi emergono dati allarmanti», sentenzia il premier durante il Consiglio dei ministri, che rivela una incredibile sproporzione tra le domande di nulla osta al lavoro per extracomunitari durante il click day rispetto «al numero dei potenziali datori di lavoro, siano essi singoli o imprese». Il dato che ha fatto riflettere la leader Fdi è che «a fronte del numero esorbitante di domande, in Campania meno del 3% di loro ha sottoscrivendo un vero contratto». La Procura di Napoli da tempo monitora le possibili infiltrazioni dei clan di camorra, fanno sapere gli inquirenti. Il dato campano è spaventoso, ma non dissimile rispetto ad altre regioni. Insomma, per la Meloni «i flussi di immigrati regolari vengono utilizzati come canale ulteriore» di arrivi indiscriminati «grazie alla criminalità organizzata che si è infiltrata nella gestione delle domande, verosimilmente dietro un pagamento» che si aggirerebbe intorno ai «15mila euro per pratica». E i bengalesi, ricorda il premier, sono anche «la prima nazionalità di immigrazione illegale nei primi cinque mesi di quest`anno». Una stortura da sanare «nel rispetto del principio che ispirò la legge Bossi Fini, cioè consentire l`ingresso in Italia solo a chi è titolare di un contratto di lavoro» e assieme a «imprese e le associazioni di categoria». Da qui l`esposto sulla scrivania di Melillo e la necessità, con un duplice intervento «normativo e amministrativo», di «fermare e correggere il fenomeno, esattamente come abbiamo fatto e stiamo facendo per Superbonus edilizio e Reddito di cittadinanza».

«Scafisti o criminali falsari sono per noi la stessa cosa - dice Giovanni Donzelli - com`è possibile che la sinistra non si sia mai accorta di nulla?». Il Pd che negli anni in cui era al governo ha sottovalutato questo orrendo mercato di uomini cade dalle nuvole e con la responsabile Giustizia Debora Serracchiani chiede che la commissione Antimafia convochi il premier e Melillo. Ma anziché guardare la Luna, punta il dito sui «rischi di speculazioni sul tema» e chiede alla maggioranza di evitare di alimentare «insicurezze e paure».

Del pasticcio sui visti ha parlato il Giornale per primo il 9 giugno 2021, quando gli uffici diplomatici a Islamabad denunciarono la scomparsa di mille visti Schengen dalla cassaforte italiana. Scoprendo che, come ricostruito dal Giornale e da Libero l`estate scorsa, la prima segnalazione di un visto visibilmente contraffatto risaliva al 6 aprile 2021 alle Maldive. Si trattava di uno sticker sospetto, siglato ITA 041913980, rilasciato sul passaporto di un cittadino pakistano a Karachi ma con il timbro di Islamabad.

L`anno scorso la Farnesina guidata da Antonio Tajani si è mossa dopo la denuncia di un diplomatico (raccolta anche dal Giornale) e soprattutto grazie al lavoro del deputato Fdi Andrea Di Giuseppe, che sotto copertura ha scoperto con la Guardia di Finanza l`origine del racket di visti in ingresso nel nostro Paese, venduti a migliaia di persone arrivate in Italia da Bangladesh, Filippine e appunto Pakistan, ricevendo in cambio minacce in stile mafioso, su cui indaga la Procura di Roma.

Tajani ha successivamente deciso un repulisti nelle ambasciate e nei consolati epicentro di queste alchimie, avvalendosi di una delegazione ispettiva della quale facevano parte anche funzionari della Farnesina e delle forze dell`ordine (polizia, carabinieri e Guardia di finanza). Fino all`esposto della Meloni di oggi.

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