Nessun passo indietro. Non bisogna aver paura della crisi di governo. È questo il momento in cui il Pdl deve resistere a sensi di colpa, ricatti, minacce, musi lunghi quirinalizi e tenere duro. Quella che si sta giocando è una partita a poker, dove tutti i giocatori seduti al tavolo sanno di non avere in mano grandi carte e provano a bluffare. Ma sul tavolo resta la questione Berlusconi, che nessuno ha la voglia e la forza di risolvere. Il Pdl può continuare a sostenere una coalizione di governo che si prepara a mettere fuori gioco il proprio leader politico? È masochismo. È una resa senza condizioni. Significa abbassare il pulsante dell'autodistruzione. È insomma un suicidio. Per questo il Pdl di fronte alle parole di chiusura di Epifani non può che giocarsi il tutto per tutto, con le elezioni. E su questo punto non possono esistere né falchi né colombe, perché questa non è più una questione di strategie, ma di sopravvivenza.
L'alternativa è un'esistenza da zombie in balìa del Pd. Da tempo usano due leve per convincere il Pdl. La prima è evocare il disastro economico. Si dice che questo governo sta agganciando la ripresa, e farlo cadere significa far sprofondare l'Italia di nuovo nel buio più profondo. È una propaganda apocalittica. Così se la Borsa di Milano perde poco più di un punto, per lo più a causa della crisi internazionale siriana, subito si parla di disastro e si accusa il centrodestra di destabilizzare i mercati. La seconda leva è far balenare l'idea che senza Pdl si può trovare tranquillamente un'altra maggioranza, puntellata dai quattro nuovi senatori a vita e dal soccorso di un manipolo di grillini. Letta e Napolitano sanno benissimo però che un conto è una risicata maggioranza numerica, altro un progetto politico di riforme. Con le alchimie matematiche si rischia solo di tenere in vita un governo precario.
L'orizzonte resta quindi quello delle elezioni. E la verità è che i primi ad aver paura del voto sono Napolitano e la sinistra. Il presidente ha come ragione sociale dichiarata il governo delle larghe intese. Il Pd teme che le elezioni possano scatenare una guerra civile all'interno del partito.
Non è un caso che oggi la parola d'ordine sia temporeggiare. La stessa giunta per le elezioni che deve sciogliere il destino di Berlusconi prende tempo. È il segno che nessuno ha fretta, perché tutti hanno paura. E non tocca al Pdl arrendersi senza combattere.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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