I sessantottini di Tsipras si accomodano in poltrona

La compagnia di giro della sinistra radical-chic sfrutta il successo del leader greco e viaggia al 4,3%, giusto sopra la soglia di sbarramento

I sessantottini di Tsipras si accomodano in poltrona

Fosse stata una cosa seria e razionale, una lista nata come ultimo grido dei salotti engagé per riunificare le membra stracche della sinistra italiana, votata da gran parte degli idoli gauchiste - Stefano Rodotà e Gustavo Zagrebelsky, Carlo Freccero e Piergiorgio Odiffreddi, Rita Borsellino e Ottavia Piccolo e Francesca Neri - avrebbe dovuto aspirare a battersela da pari a pari. Battersela con la sinistra solo di nome e non di fatto, quella di Renzi, e con la destra post-de-iper-berlusconizzata. Invece il peggior incomodo per chi ha voluto traghettare in Italia Alexis Tsipras, trionfatore in Grecia, considerata la rissosità e la pochezza di leader nostrani, non sono stati né la sirena Beppe Grillo, né lo schiacciasassi Renzi. Il nemico resta in casa, per una sinistra imperituramente uguale a se stessa, che rimane appesa alla soglia di sbarramento del 4%, superata d'un soffio (4,3%, Sel da sola arrivava al 5); mancando di idee, soldi e dimostrando l'incapacità congenita a uscire fuori dalla rovinosa diarchia salotti-centri sociali. Dall'insopportabile spocchia di chi distilla in proprio, nel cenacolo dei puri, e non ammette altre vinacce. Per una volta va dato atto a D'Alema, il catalogo è questo: «Tsipras, giovanotto intelligente e simpatico, in Italia è caduto nelle mani di un franchising di sfasciacarrozze. Comitiva nota, navigatori di lungo corso che tra le prime cose che hanno fatto c'è stata quella di litigare tra loro».

Irrazionale, poco serio, eppure fotografia del reale. Con due «garanti» sopravvissuti (su sette) che alla fine hanno gestito in proprio candidature e (scadente) campagna: Guido Viale e Marco Revelli, attempati compagni di Lotta continua fin dal torrido autunno torinese del '69. E poi il loro «braccio operativo», Massimo Torelli, mai in grado di dare equilibrio alla compagnia di vecchietti rompicoglioni (eccezion fatta per Luciano Gallino e Andrea Camilleri, che difatti se ne sono subito lavate le mani). Persino la siderale Barbara Spinelli, costretta a metterci la faccia come candidata di bandiera, via via ha diradato l'impegno. Mentre Paolo Flores D'Arcais ha sollevato il tavolo, come sempre, accusando tutto e tutti (mirabile la campagna anti-Vendola lanciata in concomitanza dal Micromega).

Dunque una sinistra morfologicamente, antropologicamente incapace di vincere, di unirsi, di proporsi in maniera allettante e convincente. Ci sono volute più d'un paio di sortite del leader greco Tsipras in Italia per dare un po' di verve a questa lista rigidamente targata «società civile» (fuori tutti i candidati di Sel, dei socialisti di sinistra, dei comunisti di Ferrero). E c'è voluto culo, quello della procace portavoce Paola Bacchiddu, di cui s'è parlato a dismisura per la foto inopinatamente messa su Facebook. Segno evidente che non è mancata la voglia di buttare qualcosa oltre l'ostacolo dell'indifferenza dei media, quanto piuttosto il non sapere bene cosa. È finita che la lista Tsipras abbia rotto la cortina di silenzio e indifferenza solo per il bolso dibattito sul «lato B» della signorina Bacchiddu piuttosto che per il «no» all'austerity, il riscatto della Ue dai mercati finanziari, l'idea stessa di «Altra Europa». Europa che avrebbe dovuto ripartire da Spinelli, stavolta Altiero, secondo le belle menti squinternate che da una vita si sentono orfane: dei Sessanta e dei Settanta, del Psi di Lombardi, di Lc, Dp e persino (talvolta) del Pci.

Fosse stata una cosa seria e razionale, questi giovanotti che aspirano alla bella politica e questi vecchietti che aspirano alla saggezza non avrebbero dovrebbero penare fino all'ultimo per una maledetta soglia di sbarramento. Avrebbero dovuto mettere una prima pietra per il futuro della sinistra. Resta il forte dubbio che sia quella tombale.

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