Monti, Montezemolo, Passera, Ingroia, Marchini, Ambrosoli, Grillo, De Magistris, Pisapia, Samorì, Bonanni, perfino Massimo Moratti: tutti in cerca di un posto al sole. Altro che società civile e fuga dalla politica di professione, la verità è che la voglia di potere e di contare non passa mai di moda. La crisi della seconda Repubblica sta solo rimescolando le carte e così si rivede la grande corsa per un posto in prima fila nel teatrino della casta. C’è una ressa di «candidature », «mi piacerebbe», «se qualcuno me lo chiede sono pronto a spendermi per la cosa pubblica», premier e ministri tecnici che confessano «ci sto pensando» o «quasi quasi mi faccio un altro giro». La realtà è che tutti smaniano per un titolo da onorevole, senatore, presidente, sindaco, governatore, sua eccellenza e roba affine. Perfino l’antipolitica insomma predica che non cerca cariche, ma guai a chi gli tocca il suo potere assoluto o mette in discussione le stigmate da guru o da santone illuminato.
Il signor Grillo si è presentato come outsider, ma passa il tempo a dare patenti di grillismo e a dividere neppure fosse il Dio del Vecchio testamento i vivi e i morti, i beati dai dannati. E alla fine sogna di sostituire alla casta una nuova casta di anti casta. Sembra uno scioglilingua e invece è una gran furbata.
Montezemolo dopo una quaresima di «mi candido o non mi candido?» si è tuffato in quel laghetto che si ostinano a chiamare grande centro con la sua banda di tecnocrati e intellettuali, alzando il vessillo montiano e riverniciando l’usato insicuro di Casini e Fini, con la carrozzeria arrugginita. La scommessa è di far credere agli elettori che il futuro scenda in campo con le maglie stinte di Italia ’90.Lo stesso Monti parlava di se stesso come una parentesi austera e invece adesso si scopre che non ha nessuna voglia di appendere il loden al chiodo e che la poltrona da senatore a vita gli ricorda troppo la panchina ai giardinetti da pensionati. Si vede che il vizio di tassare gli italiani dà assuefazione. Lo sa bene anche Corrado Passera che non ha certo rinunciato allo stipendio da super manager per accontentarsi di ballare una sola stagione. Chissà se tra imprenditori, palazzinari, economisti, sindacalisti e banchieri ci sarà qualcuno in grado di trovare una strada per uscire da questa crisi infinita. Alfio Marchini punta al Campidoglio e nel curriculum può esibire senza dubbio l’arte degli appalti, uno come lui conoscerà Roma mattone su mattone. Bonanni segue la strada già segnata dai suoi predecessori. Il salto dalla Cisl alla politica è una tradizione, peccato che finora non è che abbia mostrato chissà quali brillanti carriere. C’è curiosità per le ricette di Samorì, anche se finora fa più comitive che consenso. L’impressione è che dietro il nuovo che avanza non ci siano grandi svolte e neppure l’emergere di una nuova classe dirigente. È solo un balletto all’interno dei soliti noti, cambiano i nomi e i ruoli ma la zuppa è sempre la stessa. La casta è un mostro multifaccia, quando sente puzza di crisi cambia la maschera e si ripresenta per fregarti di nuovo.
Il procuratore Ingroia aveva annunciato di voler svernare in Guatemala, ma anche per lui il richiamo della casta è troppo forte. Nel suo caso il passaggio dalla toga alla politica è in fondo un atto di trasparenza. La maschera del giudice, come hanno fatto notare i suoi stessi colleghi, non reggeva più. E non c’è dubbio che sia più onesto fare politica in Parlamento che in tribunale. Certo, poi bisogna valutare se uno come De Magistris, per esempio, stia facendo più danni da sindaco di Napoli che da procuratore aggiunto. Il verdetto è incerto.
Dicono che sia però Milano la città che tradizionalmente svela i segnali di cambiamento. A Milano tutto nasce e tutto muore. È la città che ora mette in pista Ambrosoli, con il suo Dna da brava persona, per concorrere alla poltrona di governatore. Ma è anche la città dei sogni perduti. Pensate al povero Massimo Moratti che svela la sua ambizione più grande. No, ormai non più la Coppa dei campioni come suo padre, ma un impegno in politica per mostrare al mondo il buon cuore da petroliere.
Solo che come si fa? A Milano neppure i tifosi nerazzurri se la sentono di votare il presidente dell’Inter.
Times, serif; font-size: medium; line-height: 24px; text-align: justify;">Meglio Mourinho. In fondo con tutta questa gente che non vede l’ora di indossare le maglie della casta l’unica cosa che manca è uno Special one.
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