Ha fatto resistenza in tutti i modi. Ha usato ferie, ricorsi, tutte le possibili strade per schivare quella sede che per lui, palermitano doc, equivale a essere sbattuto a Lampedusa per un milanese. Alla fine, però, Antonio Ingroia ha dovuto cedere. E si presenterà ad Aosta, in quell'ufficio in procura che lo aspetta da settimane, con tanto di targa in bella mostra.
Riprende servizio da semplice pm, il leader di «Azione civile» ed ex procuratore aggiunto di Palermo, titolare delle principali inchieste sulle collusioni tra Cosa nostra e la politica, per tutte quella sulla presunta trattativa Stato-mafia. I tentativi di Ingroia di guardare Aosta solo in cartolina sono caduti uno dopo l'altro nel vuoto. E oggi dovrà presentarsi. Per una sola settimana, spera lui. Il Tar del Lazio, infatti, cui l'ex pm si è rivolto per contestare il decreto dell'ex ministro di Giustizia Paola Severino che lo ha destinato alla Procura dell'unica regione in cui non si è candidato a premier con «Rivoluzione civile», deciderà il suo destino il prossimo 23 maggio. Quel giorno, lo stesso in cui, ironia della sorte, ricorrerà il ventunesimo anniversario della strage di Capaci in cui furono trucidati Giovanni Falcone, la moglie e tre agenti di scorta, i giudici amministrativi pronunceranno il loro verdetto: diranno che no, il ricorso di Ingroia non è ammissibile e che deve andare ad Aosta; o al contrario diranno che sì, la richiesta dell'ex procuratore aggiunto di Palermo di essere destinato a una sede in cui possa mettere a disposizione la sua esperienza antimafia quale la Dna è fondata.
Intanto, però, Ingroia deve andare. Degradato a pm semplice e con i riflettori assicurati solo per oggi, visto che, nel caso in cui restasse, non sarebbe certo sempre in primo piano come accadeva quando era a Palermo. È stato proprio il Tar del Lazio, nelle scorse settimane, a stabilire che nelle more del verdetto definitivo dei giudici amministrativi il magistrato dovesse comunque presentarsi a lavoro. Lui aveva ottenuto due settimane di proroga della precedente aspettativa per motivi personali, e sperava anche di sfruttare un po' di ferie arretrate in modo da non presentarsi affatto ad Aosta, o da arrivare comunque dopo la sentenza del Tar. Ma questa richiesta è stata respinta.
Lui, tutto sommato, la prende con filosofia, anche se tiene a precisare che si tratta solo di «presa di possesso» dell'incarico.
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