Ingroia razzista contro i valdostani (e i calabresi)

Rifiuta il trasferimento ad Aosta. Dove il cognome più diffuso è Mammoliti

Ingroia razzista contro i valdostani (e i calabresi)

Antonio Ingroia si deve essere fatto una brutta idea su Aosta. Come di un posto dove non succede niente, dove si parla una lingua incomprensibile, dove i «terroni» sono visti male. La sensazione è che un siculo purosangue come lui sia un po' diffidente, e diciamo anche un filino razzista: «Ci andrò solo in villeggiatura, per fare passeggiate in montagna», sibilava ancora ieri l'ex pm di Palermo che sognava di scalare Palazzo Chigi, non certo il Monte Bianco. La cosa terribile è però la freddezza degli amici di un tempo che lo hanno scaricato. Francesco Merlo, su Repubblica, dice che Ingroia sta causando «un sacco di guai all'Antimafia», dice che è «inadeguato» e che «ha usato le indagini antimafia per uscire dalla magistratura», cosa che il Giornale sostiene da sempre.

Ma se il problema di Ingroia è l'ambientamento, non c'è problema. Aosta da decenni è una colonia di calabresi per bene. In particolare di una comunità proveniente da un paese che si chiama San Giorgio Morgeto, in provincia di Reggio Calabria, che conta almeno 25mila persone, tanto che il cognome più diffuso in città è Mammoliti. Ma ad Aosta c'è anche la 'ndrangheta («È qui dagli anni Ottanta», dice il questore Maurizio Celia, «È una minaccia incombente sulla Valle», replica Beppe Pisanu, ex presidente dell'Antimafia), che ormai ha scalzato la mafia per potere, denaro e controllo dei traffici di cocaina, tanto che il Consiglio regionale ha istituito una Commissione ad hoc. Nel 2011 l'operazione Tempus venit ha smantellato una cosca calabrese che chiedeva il pizzo del 3% sulle opere pubbliche. Dicono che sia colpa della legge sul «soggiorno obbligato», che ha spedito ad Aosta boss come Gaetano Neri da Taurianova, ucciso nel 1991 a Pont Saint Martin, e dove i rampolli delle famiglie Facchineri, Nirta e Iamonte si davano alla macchia, con un occhio al Casinò di Saint Vincent, oggi blindato da una normativa antiriciclaggio molto severa, anche se qualche anno fa un'operazione della Dda di Milano scoprì qualche soldino dei calabresi di Cirò e della famiglia Mandalà vicina a Bernardo Provenzano, personaggio che Ingroia conosce bene.

Se il pm siciliano è fortunato potrebbe arrivare ad Aosta a metà luglio, proprio nei giorni della festa di San Giorgio e San Giacomo e finire tra le bancarelle che vendono la nduja. Il lavoro c'è, il pericolo di sentirsi un «terrone» no.

A meno che Ingroia non appenda la toga al chiodo come fece Antonio Di Pietro e non si accomodi sulla comoda poltrona di velluto rosso che il suo amico Rosario Crocetta gli ha messo in caldo, laggiù a Palermo. O a meno che il problema, per un siciliano, siano i calabresi.

di Felice Manti

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