Inquinate le primarie di Bersani

L'Ilva inquina le primarie di Bersani. Il fumo che arriva da Taranto con i suoi veleni e quel velo pesante di ambiguità sul ruolo del Pd e del governatore Vendola diventa un'opportunità insperata per la rincorsa di Renzi. Quelle intercettazioni pesano. Fabio Riva, padrone delle acciaierie, ha mosso tutte le sue conoscenze per salvare le sue aziende senza pagare dazio. Le carte dicono che il ruolo di Vendola non è marginale. Il governatore non è indagato, ma secondo il gip, virgolettato, «è lui il regista». Vendola si muove, cerca di salvare capra e cavoli, sa che lo stabilimento inquina, ma è anche molto preoccupato (...)

(...) per la chiusura della fabbrica. La Puglia non può permettersi di perdere tutti quei posti di lavoro. Scelta difficile, non c'è dubbio. Alla fine però Nichi sceglie e sta dalla parte di Riva. Adesso, con la magistratura che indaga e arresta, questa scelta ha un costo politico. E rischia di essere piuttosto alto. Vendola da questa storia non ne esce benissimo. Come reagiranno gli elettori? Bersani si aspettava un soccorso meridionale per chiudere a mani basse la partita con il rottamatore. Questa storia che non è limpida complica una vittoria che sembrava sicura. Permette al sindaco di Firenze di dire: io sono trasparente, loro no. Ma c'è di più. Lo stesso Bersani appare nel canovaccio che i giudici stanno ricostruendo. Ci sono quei 98mila euro che secondo Il Fatto il segretario avrebbe ricevuto da Riva. Tutto da chiarire, certo, ma che fa scattare un campanello d'allarme. La storia è questa. Girolamo Archinà, ex responsabile delle relazioni industriali dell'Ilva, racconta di una lettera che Riva avrebbe scritto direttamente al segretario del Pd. Lì c'è una richiesta di richiamare all'ordine il senatore Roberto Della Seta, collega di partito di Bersani. La posizione del Pd anche in questo caso appare non netta. Si scontrano due famiglie culturali. Da una parte c'è il passato, quello storico della tradizione operaia, quello della Fiom, quello dei quadri e dei vertici del Pd cresciuti nel partito comunista, che sono cresciuti con la fabbrica come cattedrale laica, come architrave del loro pensiero politico, dall'altra c'è il sentimento ambientalista, la preoccupazione per i casi di tumore che si diffondono come in un'epidemia. I vertici del Pd di fronte a questo incrocio vanno in confusione, come inebetiti, sbalestrati da una scelta che in ogni caso non sarà a costo zero. Tutti problemi che Renzi a posteriori si può permettere di dribblare senza troppe difficoltà e senza ricorrere al ricettario di proverbi di Bersani, che fanno molto osteria, ma che alla fine ti lasciano con una domanda: che avrà voluto dire? L'unica cosa certa è che questa storia non è finita e che per il giovane Matteo si è aperto un insperato contropiede. Primarie al fumo di Taranto (con veleni al seguito).

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di Salvatore Tramontano

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