RomaParlamentare per poche ore. La vicenda di Giovanna Mangili, 45 anni, designer di Brugherio (Monza Brianza), cittadina senatrice del MoVimento 5 stelle dimissionaria nel primo giorno di Palazzo Madama, è fatta apposta per alimentare le dietrologie su quegli oggetti misteriosi che sono i grillini a Palazzo. L'annuncio di venerdì del presidente temporaneo Emilio Colombo ha sorpreso un po' tutti, compresi i compagni di non-partito della non-più-senatrice. «Ragioni personali», relaziona vago e burocratico Colombo. Formula che dà adito a interpretazioni di ogni genere. Compresa quella di un'epurazione in Grillo-style.
Qualche ora di giallo, poi a fare un po' luce sulla vicenda ci pensa il marito della Mangili, Walter Mio, attivista M5S e consigliere comunale a Cesano Maderno, con un post su Facebook: «Alle accuse di inciuci - scrive il signor Mangili - presunte impossibili ridicole cordate, parentopoli brianzole e altre infami accuse, abbiamo deciso di rispondere con un gesto forte e chiaro: le dimissioni da senatrice di mia moglie Giovanna Mangili. Per ridare dignità personale a una persona che ha sopportato in silenzio attacchi per non danneggiare un MoVimento che ha sempre sostenuto e che sempre sosterrà. Un modo deciso ed inequivocabile per dimostrare a quanti hanno sparso veleno sul desiderio di facili poltrone famigliari».
Ma che cosa è accaduto? Torniamo indietro di qualche mese e raccontiamo una faida regionale tra esponenti milanesi e brianzoli del movimento. Alle «parlamentarie» del M5S i brianzoli dominano un po' a sorpresa la scena: la Mangili ottiene un grande successo con 231 voti, seguita da altri due brianzoli come Monica Casaletto e Bruno Marton. I tre sbianchettano la componente milanese del movimento, partita naturalmente favorita e che non ci sta. Iniziano le accuse di parentopoli, di cordate di voti che si spostano da un candidato all'altro. In mezzo finisce soprattutto la Mangili, anche a causa del fatto che il marito avrebbe aiutato il suo successo. Roba da Prima Repubblica, altro che rivoluzione sul web. E così, per ristabilire un po' di decoro nel movimento alla Mangili viene caldamente «suggerito» di eliminarsi da sola, lasciando il posto alla prima dei non eletti, la milanese Tiziana Pittau. E che la decisione non sia dettata dal fair play ma dall'inesorabile inquisizione a Cinque stelle c'è il fatto che la sostituzione Mangili-Pittau era nota da tempo.
Naturalmente da parte del M5S arriva presto la normalizzazione. «Non c'è alcuna cordata. L'elezione di Mangili è completamente regolare», taglia corto il capogruppo a Palazzo Madama Vito Crimi, secondo cui tutto nasce dal meccanismo di voto scelto, che avrebbe favorito i candidati della provincia di Monza, meno numerosi e quindi premiati con più voti. Tutto a posto? Per niente. Crimi sembra scottato: «Ci sono questioni che quando vengono dall'interno fanno male anche se arrivano da persone che hanno evidentemente dei problemi». E comunque si voglia vedere la vicenda, è una pagina nera per il M5S.
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