Khalid Chaouki, il pasdaran ex dem a favore dell'integrazione dei migranti

L'italo-marocchino è stato deputato del Partito Democratico per una sola legislatura, durante la quale però si è messo in risalto per alcune sue battaglie pro-immigrati. Che cosa sta facendo adesso?

Khalid Chaouki, il pasdaran ex dem a favore dell'integrazione dei migranti
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Giorgia Meloni, Matteo Salvini, Daniela Santanchè, Luca Zaia, Lucia Borgonzoni, Vittorio Feltri. Sono alcune delle persone che - soprattutto verso la metà degli anni '10 del Duemila - hanno dibattuto in televisione con tale Khalid Chaouki: un nome di un esponente politico di centrosinistra il cui volto (forse) ora in moltissimi potrebbe non ricordare. Tuttavia una decina di anni fa lui era un presenzialista pressoché fisso del talk show, soprattutto su Rete4 e La7, quando il tema della massiccia immigrazione irregolare andava molto in voga sotto i governi Letta, Renzi e Gentiloni. Di origine marocchina, naturalizzato italiano, Chaouki si è fatto conoscere ai telespettatori per i suoi scontri mediatici contro gli avversari di centrodestra nella legislatura 2013-2018: l'unica in cui si è insediato in Parlamento tra le fila del Partito Democratico. Prima di andare a vedere che cosa sta facendo adesso, riavvolgiamo il nastro sulla sua carriera politica (e non solo).

Un ex della politica, seppur ancora giovane

Nato a Casablanca il 1° gennaio 1983 e cresciuto poi da ragazzino con la famiglia emigrata in Emilia-Romagna, Khalid Chaouki lega fin da giovanissimo la propria passione civica alla sfida dell'integrazione del mondo islamico nella sfera collettiva italiana. Nel 2001 è tra i fondatori dell'associazione "Giovani musulmani d'Italia" (GMI) - di cui diventa presidente due anni più tardi - e delegato nel Comitato garanti (fino al 2011). Dal 2005 al 2010 è membro della Consulta per l'islam italiano presso il ministero dell'Interno, mentre nel frattempo lavora come giornalista collaborando con il Corriere del Mezzogiorno, Repubblica, Il Riformista e Al Jazeera.

Si iscrive al Partito Democratico nel 2007 (anno di fondazione del movimente dem) di cui diventa presto responsabile delle politiche per le seconde generazioni migratorie. Nel 2013 viene eletto deputato, ma non si ricandiderà per la Camera alle successive elezioni, proseguendo così nel ruolo di presidente della Grande Moschea di Roma a cui è stato chiamato nel 2017 e che ha mantenuto fino al 2019. Durante la XVII legislatura si batterà soprattutto per l'attuazione dello "ius soli" (mai avvenuta), nonché per qualche gaffe in tv: come quella con Zaia in cui sosteneva (ma non era vero) che il governatore del Veneto avesse firmato un accordo con il governo Renzi per prendersi una quota di richiedenti asilo.

Che cosa fa Chaouki adesso

L’elezione di Chaouki a presidente del Consiglio di amministrazione del Centro islamico culturale d'Italia, avvenuta il 17 ottobre 2017, venne vista all'epoca come un segno di moderatismo nella Grande Moschea. "Il punto centrale è la questione dei finanziamenti, in continua tensione fra Arabia Saudita e Marocco - scriveva allora Formiche -. I secondi sicuramente più sicuri e moderati dei primi rispetto alla possibilità di infiltrazioni da parte di gruppi salafiti, estremisti, o vicini ai Fratelli Musulmani".

In segno della promozione di una visione moderata e pragmatica, Chaouki si è rilanciato dopo la fine della sua esperienza a Montecitorio e alla Grande Moschea come consulente per le politiche internazionali. Ora è general manager della Tesmec Maroc, attiva nella vendita e noleggio di trencher per la realizzazione di reti per il trasporto e la distribuzione di energia. Nel 2019 ha fondato la Khalid Chaouki Consulting, una società di consulenza nel settore dell’internazionalizzazione verso i Paesi Arabi (Maghreb, Golfo e Medio Oriente).

Tra i suoi clienti figurano la Luiss e aziende industriali come RepCo e il gruppo Cavagna. Insomma: si tratta di una figura ancora adesso poliedrica, non legata alla sola politica, e dagli indubbi legami internazionali.

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