Spazzati via dal voto popolare, oscurati dai media o sotterrati dalle inchieste giudiziarie. C'è chi ha resistito, ma c'è soprattutto chi è sparito dal proscenio politico. Il 2013 è l'anno dei desaparecidos. Da Fini a Monti, da Di Pietro a Ingroia, da Bocchino a Granata, da Buttiglione a Marini: l'album del Transatlantico ha perso parecchie figurine. E nonostante alcuni di questi personaggi provino a brigare dietro le quinte per tentare di muovere ancora qualche filo, i tempi in cui la facevano da padrone (almeno stando all'eco mediatica e al peso politico - più o meno importante - che avevano) sono lontani. L'ex leader di quel partito naufragato in partenza di nome Fli si è dato alla scrittura, rigorosamente anti-Cav, e ha provato a far parlare di sé aggrappandosi al libro "Il Ventennio" in cui ripercorre la storia più recente del centrodestra, i rapporti con Silvio Berlusconi e quelli con l'ultimo alleato Mario Monti.
Anche il bocconiano, dopo l'esperienza nefasta al governo, si è ritirato in un angolo. Il "salvatore della Patria", scaricato da Scelta Civica e costretto a rassegnare le dimissioni dal centrino e a traslocare al gruppo misto, si è visto poco persino in Senato, con percentuali di presenze a Palazzo Madama da prefisso telefonico. Sono finiti i tempi delle apparizioni televisive, con cagnolino in braccio. L'ex premier ha anche smesso di scrivere su Twitter. Ormai, l'unica ancora di salvezza è la sua amata Unione Europea. E che dire di Ingroia? Dopo la débâcle elettorale e il fallimento della Rivoluzione Civile, l'ex pm ha fatto parlare di sé soltanto per le grane e per le sue opinabili decisioni: dalla vicenda di Aosta al provvedimento disciplinare del Csm passando per l'inizio della carriera da avvocato e il salvagente lanciatogli dall'amico Crocetta sotto forma di incarico di commissario in una società pubblica per l'informatizzazione. Difficilmente si vede in tv e le partecipazioni ai cortei sono passate in cavalleria. Gli è andato male pure l'ultimo attacco al Cav: la sua denuncia nei confronti dell'acerrimo nemico Silvio Berlusconi in merito alla lettera di restituzione dell'Imu è stata recentemente snobbata e archiviata dalle toghe: nessun reato contemplato.
È andata peggio ad Antonio Di Pietro. Dopo l'inchiesta di Report sui suoi immobili e la morte politica dell'Idv, l'ex toga si è autoinflitta l'ultima umiliazione andando a votare per Renzi alle primarie, nonostante il Pd lo avesse avvisato dell'impossibilità di farlo. Il presidente della Commissione congressuale regionale del Molise, Antonio Battista, era stato perentorio: "Di Pietro non può votare alle primarie del Pd, purtroppo mi dispiace, ma lui non può partecipare perché non ha mai aderito a gruppi del Pd, non é un eletto all’interno delle liste del partito e non è un iscritto. Non può votare inoltre chi fa parte della dirigenza di altri partiti ed è proprio questo il caso di Di Pietro che è presidente dell’Italia dei Valori". Il testardo contadino si presentò comunque, puntando sui riflettori mediatici. Risultato? Tornò a casa mestamente, senza poter esprimere la propria preferenza. Ma magari sarà Renzi a farlo salire sul suo carro, chi lo sa? Tra i desaparecidos rientrano poi sicuramente anche gli ex finiani, da Italo Bocchino a Fabio Granata passando per Carmelo Briguglio.
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