Le larghe intese e una tv stretta

Con l’arrivo di Nicola Por­ro in tv nasce un problema. Per­ché solo lui?

Le larghe intese e una tv stretta

Con l’arrivo di Nicola Por­ro in tv, e finalmente uno che non sia un giu­rassico dello schermo ha una prima serata di cui fare buon uso, nasce un problema. Per­ché solo lui? Renato Brunetta ha tanti difetti, in particolare di carattere, ma non è uno che scalda la sedia occupata. Si è messo di buzzo buono a fare le pulci alla Rai, con risultati direi magistrali. Ha messo insieme i dati - non è un economista? - e ha verificato quello che tutti sanno ma pochi hanno voglia di dire, perché un’ospitata è sempre meglio di un calcio in culo. I dati dicono una cosa sem­plice. Come comparse parlanti quelli di una cultura diversa dal­la dominante nel dorato mon­do delle comunicazioni, e chia­miamola destra, sono un’infi­ma ma richiestissima minoran­za. Se poi sono efficaci, è garan­tito il chiasso e il pathos di una trasmissione politica agonisti­ca. Se sono un po’ bislacchi o de­cisamente inidonei, meglio ancora: c’è sempre un Croz­za o­un altro gigante dell’intratte­nimento, quando non diretta­mente i conduttori de sinistra , con il «de» alla romana che fa ca­pire tutto, incaricato di metterli alla gogna, loro sorridenti. Bru­netta ha ritrovato molti dettagli interessanti, ha quantificato ore, minuti, share, format e altre modalità del massacro culturale al quale assistiamo da anni, ha sparato interpellanze parlamen­tari- il sindacato ispettivo è il suo mestiere- ha portato alla polemi­ca pubblicistica, dunque sui gior­nali, i risultati della sua bellicosa ricerca. Il mio amico Aldo Gras­so gli ha replicato che non deve fare il critico televisivo, ma sa me­glio di me che un buon politico deve fare proprio quello: non fis­sare i criteri del gusto, ma quelli del giusto, in particolare in un si­stema in cui vigono le stupid­e re­gole della par condicio che impe­discono alle organizzazioni poli­tiche di raccogliere denari e di comprarsi gli spazi di comunica­zione che desiderano, come ac­cade nel vituperato sistema ame­ricano.

Però quelli che stanno sempre a rompere con le regole, delle re­gole se ne impipano allegramen­te quando questo loro conven­ga. Il nostro Porro è lì, intelligen­te e piacente, in clima sperimen­tale estivo, tutti i potenti della co­municazione non vedono l’ora di integrarlo nel sistema loro o di impallinarlo come fecero con Antonio Socci (a proposito: au­guri a Freccero che vuole darsi al­la politica, spero si candidi con Berlusconi, sarebbe un atto di co­erenza con la sua intera storia). C’è sempre un centro studidegli ascolti pronto a dire la sua fre­gnaccia per sostenere che il pub­blico fugge, c’è sempre il giurassi­co della Rai che fa tripli giochi e non vede l’ora di rimettere al­l’onor del mondo il modello con­sociativo (alla sinistra tutto ciò che vive, alla destra il solo Bruno Vespa, che peraltro è un dc cen­trista e istituzionale e mette in scena Berlusconi col suo patto e Prodi con le sue difficoltà a scan­dire, e lo fa con la stessa carine­ria). C’è sempre il cretino specia­lizzato che dà il parere professi­o­nale conforme e cerca di attacca­re l’asino dove vuole il padronci­no Rai. Ma se Porro in autunno spiegherà agli italiani quanto co­stano le scemenze sull’Ilva, la ve­rità sulla spesa pubblica, la veri­tà sul processo Mori, e molte al­tre controverità polemiche, avrà vita durissima ma sarà un pro­gramma impossibile quello di sbatterlo via.
Ma resta il quesito: perché solo lui? La Annunziata è un’autore­vole badessa, ma la sua politica editoriale è una politica schiera­ta. Santoro è molto capace, ma via, basta chiedere al generale Mori, assediato dall’incubo ca­lunniatore di un Ciancimino Massimo, per capire che fa cam­pagne politiche di un peso e di una gratuità bestiali. Floris ha un bel sorriso e bei modi, ma è pur sempre il capo di un plotone di esecuzione che spara satira, nu­meri e pollscontro i nemici della combriccola. La superiena di Re­port fa giornalismo all’america­na, una specie di Sixty minutes , ma incappa spesso in vizietti ita­liani di faziosità, e in quale dire­zione lo si intuisce dai temi e dal­la loro trattazione. C’è poi quello della lega con la chitarra, che imi­ta Santoro. E il gran cerimoniere del partito di Repubblica edell’in­tellighenzia chic, FF, il ragazzo carino e bonario che Brunetta non sopporta e al quale ha fatto le pulci con particolare puntualità.
Ora ci sono le larghe intese. Un governo fragile. Forse è il mo­mento di ripristinare con l’inizia­tiva politica e popolare forte un equilibrio che con il bipolari­smo agonistico di tutti questi an­ni è decisamente saltato. Non per togliere e censurare, Dio ne scampi.

Ma per aggiungere al so­litario Porro una generazione di talenti giovani, che sanno fare il giornalismo bene come i giuras­sici e anche meglio, che potreb­bero trovare argomenti migliori della trattativa fantasma Stato­mafia e delle puzzonate manetta­re che si conoscono, per elevare il tono della comunicazione pub­blica. O no?

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