L'Aula riduce i consiglieri ma non tocca l'indennità

Dopo l'aut aut di Cota, l'assemblea passa da 60 a 50 eletti. Per diminuire gli stipendi però si aspetta il decreto Monti

Per tagliarsi gli stipendi aspettano che Mario Monti gli dica di quanto, sai mai che l'assemblea li riduce del 20 per cento e poi domani, cioè oggi per chi legge, il decreto del governo dice che bastava il 10 per cento. Intanto però, il Piemonte ha dato un taglio consistente alle terga accomodate nelle poltrone della Regione, riducendo il numero dei consiglieri da 60 a 50 e mettendo nero su bianco che gli assessori non potranno essere più 14, ma al massimo 11 e con soli tre esterni non eletti, dando ufficialità alla decisione del governatore Roberto Cota, che già al suo insediamento aveva portato la giunta a 12 componenti. Non è poco visti i tempi cupi, soprattutto perché Cota sulla questione costi barra sprechi ha deciso di fare il primo della classe (politica) già da tempi non sospetti, e cioè prima, per intenderci, del Laziogate, ma anche prima della visitina che la Finanza ha fatto a palazzo Lascaris per vederci chiaro in una gestione fin troppo allegra dei soldi dei gruppi.
Ieri erano tutti d'accordo, maggioranza e opposizione pronti a fare le sette del mattino dopo la nottata intera, pur di varare i tagli. Non è servito: alle 14 la legge era varata, pronta a entrare in vigore dalla prossima legislatura con un risparmio di 15 milioni di euro. Non che sia stata una passeggiata. All'ora di pranzo Cota è dovuto rientrare da Cuneo per mettere ordine nella sua maggioranza, presa in ostaggio da un unico ma agguerritissimo consigliere, quel Michele Giovine capogruppo di se stesso nella lista Pensionati e noto per esser finito sotto processo per le firme false, che aveva avviato un solingo ma imperturbabile ostruzionismo all'urlo di: «Tagliare il numero dei consiglieri è antidemocratico, significa cedere all'odio di classe. Se mai, riduciamo gli stipendi». Cota non ci ha visto più. Riuniti i suoi, è stato durissimo: «Non accetto che non ci sia una presa di coscienza collettiva. Questa legge va approvata entro stamattina. Chi non la condivide è fuori dalla maggioranza e non ci torna». Detto fatto, Giovine ha ceduto, lasciando solo agli atti il suo voto contrario.
Una modifica allo Statuto che va ad aggiungersi alla sforbiciata sui tagli a indennità e viaggi dei consiglieri per un totale di 900mila euro. Su tutto, c'è da registrare la fine delle autocertificazioni per ottenere i rimborsi, un giochino che ha consentito ai consiglieri di farsi pagare pure per partecipare alle sagre di paese, e che nel solo 2011 è costato 600mila euro. La spending review piemontese ha raccolto applausi bipartisan dalla Lega al Pd, dal Pdl all'Idv, con Cota a sollecitare a non sedersi sugli allori, perché «questo è solo il primo pezzo del mosaico» e «occorre tenere duro sulla via intrapresa».
Fuori dal coro solo i due consiglieri a Cinque Stelle, Fabrizio Biolè e Davide Bono. Il fatto è che l'aula ha bocciato i loro emendamenti, che chiedevano l'abolizione dei rimborsi forfettari spettanti a tutti indipendentemente dall'attività svolta, pari a 8 gettoni, cioè 973 euro. L'eliminazione dei rimborsi mensili per tremila chilometri, pari a 1.521 euro. E la cancellazione di tutti i normali gettoni di presenza, 122 euro l'uno fino a un massimo di 22 al mese per consigliere, che vanno ad aggiungersi allo stipendio. Oltre alla pubblicazione delle spese dei gruppi voce per voce, «anche l'euro e 20 centesimi per il giornale».
Macché. L'assemblea ha deciso di aspettare il decreto del governo che oggi darà indicazioni esatte sulle cifre. Dice Bono: «La politica invece di dare un segnale anticipando i tecnici, aspetta che siano loro a imporle il da farsi».

Dicono tutti gli altri che c'era il rischio di tagliare meno di quanto poi prevederà il governo, e di dover fare il provvedimento due volte. Bono, che pensa male, la vede al contrario: «Forse temevano di tagliare più del necessario». E a pensar male si fa peccato, però...

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