Mps, leggende metropolitane & cose indicibili

Il caso Mps alimenta le voci più fantasiose: scenari verosimili s'intrecciano a bufale e regolamenti di conti. Dal ruolo dei massoni a quello di Profumo, dallo zampino di D'Alema e quello di Mister X

Mps, leggende metropolitane & cose indicibili

Vero e verosimile. Come insegnava Fiodor Dosoevskij, il secondo risulta più credibile del primo. E così tutto si combina e si confonde in rete, sui media, nei salotti in cui i soliti ben informati ripetono quello che hanno appena orecchiato accoccolati su un altro divano, o con un blitz sul web o chissà in quale fabbrica di pseudonotizie. In queste ore circolano molte leggende metropolitane. Storie non verificabili o difficilmente dimostrabili, ma suggestive, ambientate a Siena e al Monte dei Paschi. Ve ne presentiamo dieci, le più quotate al mercato ansiogeno della notizia. Attenzione: potrebbe trattarsi di bufale. Forse anche peggio. Spesso un chicco di verità è quasi soffocato dalla gramigna delle menzogne.

1) Caveau e compassi. A Siena il boccino sarebbe nelle mani della massoneria non meglio specificata. Certo, quando il potere è nelle mani di una cerchia ristretta, la soluzione più comoda è rifugiarsi nei segreti impenetrabili della massoneria. Affiliazioni misteriose, strette di mano inappellabili, un potere che non si può misurare. Un'inchiesta di Report metteva in successione i tre edifici più importanti di Siena. Il palazzo Comunale, sede del municipio. Rocca Salimbeni, roccaforte della banca. Palazzo Sansedoni, quartier generale della Fondazione. Chiosando: «Il suo controllo è saldamente nelle mani dei gruppi di potere dei partiti, della massoneria, dell'economia. A Siena lo chiamano il groviglio armonioso». Il tema è una calamita che attira esperti e dietrologi. E tutti hanno le loro presunte verità e gli scoop che però possono essere rivelati solo a mezza voce. Perché sai... Se si va su internet si trovano riferimenti a Gustavo Raffi, nome eccellente delle logge, e ai suoi punti di contatto con il Monte. Di curva in curva, si arriva, o meglio si arriverebbe a un link fra il suo studio legale di Ravenna e il Monte nella persona dell'ex direttore generale Vincenzo De Bustis, per un certo periodo banchiere di riferimento per Massimo D'Alema. Compasso e martello. E naturalmente anche De Bustis viene indicato come uno dei pezzi pregiati della massoneria. «Gruppo degli illuminati». Che però tanto illuminati, come si è visto, non erano.

2) Ascesa e caduta di Giuseppe Mussari, l'avvocato calabrese che aveva afferrato le chiavi secolari del Monte. «Era il leader degli studenti universitari comunisti - scrive Franco Bechis su Libero - E in quella veste fu il ragazzo degli accordi con il rettore dell'epoca Luigi Berlinguer». Ma quello fu l'incipit nell'orgogliosa città del Palio, per nulla tenera con i forestieri. E il seguito? Qui una delle piste più battute è quella che porta alla moglie Luisa Stasi, imprenditrice alberghiera con tre ottimi esercizi in città. Sarebbe stata lei il suo biglietto da visita e il passepartout. Chiacchiere e gossip. Ma basta sfogliare i giornali per un dettaglio: la signora Mussari ha un'esposizione con il Banco di 13 milioni. Mica noccioline.

3) Gli esperti, sempre del giorno dopo, hanno constatato anche un'altra anomalia: l'andamento strano del titolo. Con l'inevitabile avanzarsi la nube dei sospetti. Chi manovra che cosa? A chi giova? A rendere più enigmatico l'intrigo, ecco che salta fuori un altro fatto tutti da interpretare: l'anno scorso Francesco Gaetano Caltagirone, industriale e suocero di Casini, aveva spostato i suoi investimenti su Unicredit ed era sceso dal 4,72% al 2. «Alimentando - annotava il Sole24ore - più di una spiegazione fra gli operatori di Borsa». Non avevano dato ascolto agli scricchiolii di Babbo Monte.

4) Uno scoop è sempre orfano di padre. Ma qui conta il nome del giornale: il Fatto Quotidiano. E allora ricomincia la solita filastrocca complottista. Il Fatto è il quotidiano più vicino a Beppe Grillo che, guardacaso, è corso a Siena per arringare la piazza. Il Fatto, sempre lui, è anche l'organo d'informazione più vicino a Antonio Ingroia, il concorrente che sul lato sinistro può far perdere molti voti a Bersani. E dunque l'operazione servirebbe in questa chiave per dare una bella spinta a Rivoluzione civile e un calcione al Pd.

5) Si almanacca anche sul ruolo di Alessandro Profumo. Profumo il salvatore che va in coppia con Profumo il tagliatore. Clima di terrore e ghigliottina per salvare il salvabile, per espugnare fortini altrimenti inespugnabili. Le cifre sono quelle che sono: l'istituto ha in pancia titoli per 26 miliardi e di questi 11 sono derivati. Dunque, potenzialmente infetti e pronti a esplodere come bombe piazzate sotto Rocca Salimbeni. Profumo, per i soliti maestri della sfumatura, avrebbe spinto nel baratro l'amico Mussari per salvare se stesso e il banco.

6) È l'argomento che viene srotolato nelle conversazioni in Transatlantico. D'Alema il perfido avrebbe messo il cappello del Pd proprio sulla banca. E l'avrebbe appoggiato, chissà, per una raffinata vendetta dentro la nomenklatura rossa, con poche paroline: «Mussari - vedi la Stampa del 24 gennaio - l'abbiamo cambiato noi del Pd». Un disastro dal punto di vista dell'immagine e in piena bagarre elettorale.

7) D'Alema, i poteri forti e lui: Francesco Greco. Sembra quasi il titolo di un film, ma lui, il pm dei pm di tutte o quasi le inchieste finanziarie d'Italia, non poteva non esserci. E, soprattutto, non poteva non sapere. A infilarlo nell'affollatissimo parterre di questa storia provvede, solerte, il confindustriale Sole24ore che spiega come l'inchiesta senese sia nata da una costola dell'indagine milanese. Spinta insomma, come Mosè sul Nilo, dai magistrati di rito ambrosiano su acque sicure per evitare una morte certa in culla, nella fragile Siena.

8) Il mandato ai vertici dell'Abi era stato rinnovato a suo tempo ma Giovanni Bazoli, grande vecchio del colosso IntesaSanPaolo, aveva già espresso dubbi. Perché? Nella mitica stanza dei bottoni, nella situation room degli gnomi italiani, avevano già avuto informazioni di un qualche peso?

9) Si sentiva, si fa per dire, la sua assenza. Ora mister X è piombato in scena... O meglio, ha preso posto. Anche se il suo ruolo è, eufemismo, poco chiaro. Mister X è lavora gomito a gomito con Mussari, ne condivide perfino gli sforzi in palestra, come sostiene Libero, poi fa bye bye a Siena e passa a Intesa dove Bazoli lo reinventa mettendolo alla testa degli sportelli. Infine, nuova casella: a Merril Lynch, a occuparsi, nientemeno, di derivati.

10) Non poteva mancare la cassaforte ed eccola, con presunto giallo.

Giallo a tempo: perché l'attenta coppia Profumo-Viola ha atteso mesi su mesi, circa sei, prima di aprirla. I due erano pienamente operativi dalla scorsa primavera, eppure hanno indugiato fino a ottobre prima di violarla. E di scoprire il contratto segreto con Nomura. Forse volevano giocare ai segreti di Fatima?

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