L'ex enfant prodige riparte dopo la batosta: "Non è morto nessuno"

Cattaneo da sindaco più amato d’Italia al ko nel ballottaggio. Ma guarda già all’Ufficio di presidenza: "Resto nel partito"

L'ex enfant prodige riparte dopo la batosta: "Non è morto nessuno"

nostro inviato a Pavia

«Non è morto nessuno» dice Alessandro Cattaneo, ex sindaco di Pavia, cercando di consolare i suoi tanti fan che con le lacrime agli occhi continuano ad abbracciarlo. Anche il giorno dopo la sconfitta. Eppure qualcosa è morto: il sogno di salvare se stesso e Forza Italia dall'onda lunga che travolge la Lombardia e il Nord.
È giovane, Cattaneo: compirà trentacinque anni tra pochi giorni. Si può rialzare. Ma il risveglio, inutile negarlo, è stato simile a una botta in testa. Eletto sindaco nel 2009 a ventinove anni, l'ex formattatore nel 2012 ha preso un ascensore che l'ha proiettato da Pavia in alto, sulle tv nazionali, tra Ballarò e Porta e Porta, fino a diventare il sindaco più amato d'Italia. L'anti Renzi. Un alto dirigente di Forza Italia. Crollare da queste altezze fino alla secca sconfitta del ballotaggio è un precipizio da cui ci si salva solo grazie all'età.

Pensava di farcela al primo turno, è rimasto sotterrato dal secondo. «Io ci sono e continuo a considerarmi una risorsa, sul territorio e nel partito. Nella politica, come nella vita, si vince e si perde. L'area del centrodestra deve ripartire, ma quando uno perde non è nelle condizioni di dare lezioni su quello che non va» dice adesso. E si prepara a ripeterlo all'Ufficio di presidenza di Forza Italia, quando si riunirà per analizzare i risultati, probabilmente la prossima settimana (oggi all'ordine del giorno c'è il bilancio). Sarà un redde rationem? Certamente saranno in molti a usare i numeri usciti dai seggi per disarcionarlo. O ridimensionarlo. Anche se paga molte colpe non sue.

Il partito non ha dato prova di unità. E la sfida sulle primarie con Raffaele Fitto non ha giovato: gli scontri in campagna elettorale hanno disorientato gli elettori. La mazzata finale sono state le inchieste, la questione morale del Nord: tra Expo, sanità e Mose, gli scandali hanno allontanato i votanti di centrodestra. Persino la nomina ai vertici di Forza Italia alla fine gli ha giocato contro, attirando invidie nella provinciale Pavia, dove il partito è diviso in comitati elettorali che non hanno perdonato al sindaco di essere popolare e in ascesa. Il caldo torrido ha fatto il resto. E al secondo turno, quando non c'erano più i consiglieri da spingere, non si sono lanciati pancia a terra nella mischia.

L'astensionismo parla da sé: all'ex sindaco sono mancati oltre tremila voti. Alla fine Massimo Depaoli, il candidato della sinistra, ha vinto con meno voti di quelli che aveva raccolto Cattaneo al primo turno. In ogni caso una sconfitta bruciante, che lo piega. La città gli si è rivoltata contro, ha dimostrato di preferire un candidato di basso profilo a un generale con gli occhi puntati verso Roma. «Ci vuole come trampolino per le Politiche» hanno pensato in tanti. È finita come è finita. «Ma non è morto nessuno» ripete lui, che vuole rimanere in Forza Italia per crescere, convinto che i passaggi nel deserto possano servire per rafforzarsi. Un mea culpa senza pietà: «Il voto degli elettori va rispettato. Gli elettori hanno sempre ragione. Anche se sembra cinico dirlo, dobbiamo farcene una ragione. E cercare di ripartire». Già da oggi si comincerà a capire come sarà possibile.

«Ale, sei un grande. Caschi in piedi.

Rinunciare a una carriera sicura per uno stipendio da fame. Sei sprecato» l'ha abbracciato nella notte elettorale un'elegante signora. In quel momento l'ingegnere 110 e lode ha rischiato di piangere. Poi si è quasi giustificato degli elogi imbarazzanti: «È la mamma...».

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