L'Italia senza nucleare non può crescere

La transizione energetica può essere efficace solo con una graduale sostituzione dei combustibili fossili, integrando rinnovabili e nucleare in un mix equilibrato

L'Italia senza nucleare non può crescere
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A tutti i livelli mondiale, europeo e italiano è evidente che risolvere il trilemma energetico, combinando sostenibilità, sicurezza degli approvvigionamenti e competitività, è una sfida complessa. Anche il Pniec italiano 2024 riconosce che la transizione energetica può essere efficace solo con una graduale sostituzione dei combustibili fossili, integrando rinnovabili e nucleare in un mix equilibrato. In Italia, il prezzo medio all'ingrosso dell'energia elettrica nel 2023 è stato di 127 euro al megawattora, il 30% in più rispetto a Germania e Francia e il 50% in più rispetto alla Spagna. Negli Stati Uniti, questi prezzi sono da due a tre volte inferiori. Questa disparità non solo pesa sul sistema industriale europeo, ma ha anche ampliato il divario economico con gli USA: negli ultimi vent'anni, il gap di Pil è passato dal 15% del 2002 al 30% del 2023.

La crisi energetica del 2022 ha ulteriormente aggravato il quadro, con aumento improvvisi dei prezzi che mettono a rischio i piani industriali delle circa 3mila aziende energivore italiane, attive nei settori dell'acciaio, chimica, ceramica, carta e vetro. La volatilità dei prezzi ha evidenziato l'urgenza di assicurare stabilità nelle quotazioni e approvvigionamenti da Paesi geopoliticamente affidabili. In questo contesto, l'UE ha posto l'ambizioso obiettivo del «Net Zero» al 2050: decarbonizzare non solo la produzione di elettricità che rappresenta il 20-25% del consumo energetico ma l'intero sistema energetico. Questo richiede un approccio pragmatico e tecnologicamente neutro. Le energie rinnovabili sono un pilastro fondamentale della transizione energetica e il loro sviluppo va accelerato, ma non possono essere l'unica soluzione. In Italia, il 40% dell'elettricità proviene da fonti rinnovabili, divise equamente tra idroelettrico e nuove rinnovabili come solare ed eolico, che coprono però solo il 4-5% della domanda energetica complessiva. Questo perché l'elettricità rappresenta solo il 20% del consumo energetico nazionale, e le rinnovabili, pur cruciali, presentano limiti significativi: sono intermittenti, producono esclusivamente elettricità, richiedono ampi spazi, e la loro espansione comporta costi di sistema crescenti. Inoltre, dipendono da materiali critici provenienti in massima parte dalla Cina, con implicazioni per la sicurezza degli approvvigionamenti. Per raggiungere una decarbonizzazione completa, è necessario affiancare alle rinnovabili altre fonti stabili e scalabili. Il nucleare rappresenta questa alternativa, offrendo la possibilità di produrre non solo elettricità, ma anche calore e idrogeno in modo continuo, sicuro e competitivo, senza emissioni di gas climalteranti. L'Italia ha ancora competenze significative in ambito nucleare, con 74 industrie e 3mila addetti impegnati nel settore, oltre a molti esperti italiani in posizioni di rilievo all'estero. Recuperare un ruolo di leadership in questo campo è essenziale per decarbonizzare, stabilizzare i prezzi e migliorare la sicurezza energetica. È tempo di superare le ambiguità che permeano il dibattito sul nucleare, offrendo certezze alle nuove generazioni, che secondo i sondaggi sono favorevoli a questa tecnologia.

Oltre alla ricerca, è necessario accelerare l'adozione delle tecnologie nucleari avanzate già disponibili, per integrare le rinnovabili in modo complementare e affrontare con coraggio la sfida della transizione energetica.

*Presidente dell'Associazione Italiana Nucleare e della European Nuclear Society

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