Lobby nera e soldi russi, smontati i teoremi contro Fdi e Lega: resta il fango

Dopo aver smontato l'inchiesta su un'improbabile "lobby nera" all'interno di FdI, la procura di Milano chiede di archiviare anche l'indagine sui fondi russi alla Lega. Resta il fango che per anni la sinistra ha sparso sul centrodestra

Lobby nera e soldi russi, smontati i teoremi contro Fdi e Lega: resta il fango

Un'altra campagna giudiziaria smontata. La seconda nelle ultime due settimane. Dopo aver archiviato per "insussistenza delle ipotesi di reato" l'inchiesta su un'improbabile "lobby nera" all'interno di Fratelli d'Italia, la procura di Milano ha chiesto di archiviare anche l'indagine sui presunti fondi russi al Carroccio. Il motivo? Nonostante gli accertamenti della Guardia di Finanza siano andati avanti per oltre tre anni e mezzo, gli inquirenti non sono riusciti a raccogliere prove per portare i tre indagati a processo. Vengono così a cadere, a stretto giro l'una dall'altra, i teoremi contro i partiti di Giorgia Meloni e Matteo Salvini. Resta purtroppo il fango che per anni la sinistra ha sparso sul centrodestra per minarne la credibilità e, sotto elezione, abbatterne i consensi.

Due teoremi affascinantissimi per la stampa progressista. Il neofascismo da una parte, le ingerenze russe dall'altra. E in mezzo fiumi di soldi. Soldi in nero. In entrambi casi utili a rimpinguare le casse della Lega e di Fratelli d'Italia. Fondi illeciti, corruzione. E poi le intercettazioni, tutte sbattute sui giornali, e le accuse mosse ancor prima che gli inquirenti iniziassero a indagare. Tutti quanti già condannati, ancor prima che un giudice - all'interno di un'aula di tribunale - si pronunciasse nel merito. Così per anni. Sui giornali, in televisione, in radio, ovunque. I media a fare da cassa da risonanza alle accuse: sul patibolo i nomi tirati fuori dai giornali, nel mirino i leader dei due partiti, Salvini e la Meloni. E agli interessati che rispedivano al mittente, ribadendo l'estraneità dai fatti, gli inquisitori sventolavano prove su prove. Ma poi? Il nulla.

La scorsa settimana è toccata alla "Lobby nera", agguato giornalistico montato ad arte da Fanpage e rilanciato da PiazzaPulita in piena campagna elettorale per le comunali a Milano. Alla fine di tutti gli accertamenti, iniziati nell'autunno del 2021, il pm Giovanni Polizzi ha dovuto concludere che le ipotesi di reato formulate sono "insussistenti" perché "dalle indagini svolte non sono emersi elementi in grado di confermare quanto emerso dai video". Sono venute così a cadere le accuse di finanziamento illecito ai partiti e riciclaggio a carico, tra gli altri, dell'eurodeputato di Fratelli d'Italia, Carlo Fidanza. La stessa fine dovrebbe fare il teorema montato dall'Espresso contro la Lega. Al centro delle indagini l'incontro al Metropol di Mosca nel 2018 e la presunta negoziazione (mai finalizzata) sull'acquisto di gasolio russo per un valore complessivo di un miliardo e mezzo di dollari. L'obiettivo della trattativa, portata avanti tra gli altri dall'ex portavoce di Salvini Gianluca Savoini, sarebbe stato quello di girare 65 milioni di euro nelle casse del Carroccio. Soldi che sarebbero serviti per finanziare la campagna elettorale del partito alle europee del 2019. Tuttavia, dopo tre anni e mezzo di accertamenti, gli inquirenti non solo sono rimasti con un pugno di mosche in mano (come anticipato questa mattina dalla Verità non ci sono prove per processare gli indagati) ma hanno anche finalmente detto che Salvini non è stato mai indagato.

Non è la prima volta - e non sarà nemmeno l'ultima - che le inchieste vengono chiuse prima sui giornali che in tribunale.

E, come già in passato, quando tutte le accuse vengono a cadere, resta il fango di una campagna mediatica spregiudicata ordita per colpire politicamente leader di partiti. In questi due casi Salvini e la Meloni. In passato, con ben altre inchieste, Silvio Berlusconi e Matteo Renzi (per citare i casi più significativi). In futuro a chi toccherà?

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