
È impossibile metabolizzare la morte di un figlio e le parole di Mario Occhiuto, senatore di Forza Italia, che la settimana scorsa ha perso il suo Francesco, precipitato dalla finestra all'ottavo piano della sua abitazione, lo dimostrano. Ha affidato ai social tutto il suo dolore di padre prima di rilasciare un'intervista al Corriere della sera, in cui descrive il figlio come "un ragazzo straordinario: dolce, brillante, sensibile. Aveva tutto: una famiglia che lo amava, una carriera avviata, tanti sogni da realizzare". Eppure, prosegue il senatore, "dentro di sé, portava un peso che nessuno poteva davvero vedere".
Francesco Occhiuto era uno psicologo, un ricercatore, "leggeva moltissimo, cercava risposte dentro sé stesso. Voleva capire, aiutare. Forse anche salvarsi" ma, continua il padre, "conoscere la mente umana non significa automaticamente sapersi salvare. Capire gli altri è più semplice che guardarsi dentro". Il trentenne si era laureato a Bologna, aveva ottenuto l'abilitazione con il massimo dei voti e da poco aveva ottenuto un contratto di ricerca all'Università di Roma, "ogni traguardo era una vittoria contro la sua fatica interiore". Non è stato facile per lui raggiungere quei traguardi, come spiega il senatore, perché Francesco "aveva una mente brillante, ma anche affollata di pensieri. Mi diceva spesso che faticava a concentrarsi, che il controllo della sua mente lo assorbiva. Ma non si è mai fermato, ha sempre trovato la forza di andare avanti".
Il senatore ha spiegato al quotidiano di via Solferino che un giorno suo figlio chi ha spiegato in parole semplici, ma efficaci, qual era il suo malessere: "Forse alcuni mi vedono distante, chiuso, ma nessuno immagina che il mio è un malessere interiore. Nessuno sa quanto sto lottando". Francesco, ha spiegato suo padre, "non credeva nei farmaci, come unica soluzione. Diceva che la scienza aveva fatto progressi enormi per le malattie del corpo, ma ancora troppo poco, quasi niente, per quelle della mente". Credeva nel potere dell'ascolto, nell'empatia e nella terapia. "Voleva essere lui ad aiutare gli altri. Eppure, quando è arrivato il momento più difficile, nemmeno tutto il suo sapere lo ha salvato", è l'amara riflessione di suo padre, che ricorda anche le ultime parole che si sono detti: "Una supplica a non perdere la speranza. Gli dicevo che il malessere che stava vivendo in questo momento era temporaneo e dovuto alla sospensione troppo veloce dei farmaci".
Ma, prosegue Occhiuto con grande dolore, "lui non riusciva più a vedere via d’uscita. La crisi in atto aveva già strutturato un pensiero ossessivo. Le mie parole non lo hanno raggiunto, non sono riuscite a fargli vedere uno spiraglio di luce". In questi casi, dice il senatore parlando per la sua esperienza personale, "pensiamo sempre che l’amore di una famiglia basti. Ma la verità è che, a volte, non è sufficiente. L’affetto, la vicinanza, il supporto sono fondamentali, ma chi soffre di una fragilità mentale ha bisogno di molto di più". Serve sostegno strutturato, reti e cure che non si attivino solo in emergenza.
"Oggi la salute mentale è ancora considerata un argomento marginale", conclude il senatore, che poi si rivolge a chi vive in famiglia una situazione simile alla sua: "Lottate per i vostri figli, ma non fatelo da soli".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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