Tra 20 giorni si vota per rinnovare il Parlamento europeo, ma in Italia (e forse non solo in Italia) non si parla di questioni continentali, la cui sostanza probabilmente sfugge a tutti o quasi. Si preferisce discettare - more solito - di Matteo Renzi, Silvio Berlusconi e Beppe Grillo. Gli elettori e gli stessi politici coinvolti nella campagna elettorale trascurano Bruxelles e Strasburgo e puntano a Roma, al governo nazionale. Basta sfogliare i giornali o accendere il televisore per comprenderlo: i commenti scritti e i talk show sono dedicati alle nostre faccende interne, complesse e perfino drammatiche, ma che con l'appuntamento del 25 maggio non c'entrano nulla.
Cosicché coloro che si recheranno a breve ai seggi non guarderanno, nel dare la preferenza a questo o a quel partito, ai problemi provocati dalla dissennatezza dei timonieri Ue, ma alla politica di casa nostra. Il risultato fornito dalle urne non servirà pertanto a modificare - non diciamo migliorare - i comportamenti dei soloni europei, da cui dipendono le fortune (poche) e le sfortune (tante) delle istituzioni comunitarie. Assolutamente no. Al massimo lo spoglio delle schede sarà decisivo per misurare il gradimento dell'opinione pubblica circa l'operato del governo in carica, e indicheranno quale sarà il destino del Pd, di Forza Italia e del Movimento 5 stelle.
C'è una dicotomia tra gli elettori e i partiti che dovrebbero rappresentarli. I primi (circa il 50 per cento) non fanno mistero della propria ostilità nei confronti dell'euro e dell'Europa; i secondi non osano invece esprimere dubbi sulla propria fedeltà al progetto (semiabortito) comunitario, vergognandosi all'idea di apparire scettici o, peggio, antieuropei tout court. In pratica, le forze politiche - comprese quelle che si presentano in veste pseudorivoluzionaria - aderiscono acriticamente al piano di rafforzamento della Ue e affermano di volerlo realizzare, ma non sanno come realizzarlo e ignorano addirittura se sia auspicabile un sistema federale o non piuttosto un modello sovrannazionale da definirsi.
Anche gli europeisti più convinti (a parole) evitano di proporre un programma per passare dalla fase comunitaria sperimentale a quella effettiva. Se ne stanno tutti zitti e coperti in attesa di capire come sia possibile avere una moneta unica senza avere uno Stato unico (America docet). Si va avanti alla carlona, a spanne, confidando in un miracolo: e cioè che i Paesi membri si amalgamino e trovino prodigiosamente la tecnica per far convivere cani e gatti. Ma le soluzioni miracolistiche sono altamente improbabili.
Frattanto regna la confusione; numerose persone - direi la totalità - identificano nella cancelliera tedesca, Angela Merkel, la responsabile delle magagne europee, quasi che la Germania non fosse uno Stato membro, un Paese uguale agli altri, ma una sorta di traino meritevole di avere la leadership dell'intero continente. Difatti, quando un antieuropeista desidera sfogarsi contro la Ue, non insulta Bruxelles, bensì Berlino; si scaglia contro la Merkel sicuro che ella sia avviata a costituire il Quarto Reich. Può darsi che miri a questo, ma chi impedisce agli altri Paesi di mandarla al diavolo e di staccarsi dalla Ue?
La verità è che siamo succubi - noi italiani e molti altri popoli - della superiorità organizzativa e culturale dei tedeschi, li invidiamo, li temiamo e, quindi, odiamo la Merkel, considerandola simbolo di un primato che non digeriamo. In assenza di un disegno alternativo a questa Europa, e in mancanza di coraggio per rifiutarla nonché della forza per studiarne un'altra più corretta, nascondiamo la testa sotto la sabbia e aspettiamo eventi. Quali? Chi s'illude che Renzi riesca a imporsi sulla cancelliera, chi auspica un ritorno di Berlusconi alla grande, chi sogna Grillo che marcia su Berlino in sella a un cavallo bianco e fa giustizia dopo aver sfasciato lo sfasciabile.
Nel frattempo c'impegniamo anima e corpo nelle nostre sempiterne beghe caserecce, gli uni addosso agli altri, tutti accecati dalla rabbia e incapaci di tutelare gli interessi nazionali. E per distrarci dibattiamo se sia più carina Mara Carfagna o Maria Elena Boschi, se vinceranno gli astensionisti o i grillini.
Non ci rendiamo neanche conto che, se siamo conciati così, è solo colpa nostra.
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