
Basta una polpetta avvelenata per scatenare una guerra di carta tra il governo, il Corriere della Sera e Repubblica. Che si sono inventati un inesistente mandato di cattura per Putin che il Guardasigilli Carlo Nordio avrebbe nascosto in un cassetto. Apriti cielo. L’opposizione chiede che il governo «riferisca in aula»: «È vero che il ministro della Giustizia Nordio non ha trasmesso alla Procura generale di Roma la documentazione richiesta dalla Corte Penale Internazionale per il mandato di arresto del presidente Putin? E perché non lo ha fatto?». Semplice. Perché il mandato di cattura non esiste. «Il presidente russo Vladimir Putin, nei cui confronti vi è una richiesta della Corte penale internazionale, non è mai transitato in territorio italiano né mai si è avuta notizia che fosse in procinto di farvi ingresso. La presenza della persona o il suo imminente ingresso nel territorio dello Stato sono, infatti condizioni essenziali per i provvedimenti conseguenti», precisa in una nota il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, definendo «quanto riportato stamani da alcuni quotidiani italiani totalmente destituito di fondamento».
L’opposizione non molla l’osso. «È vero che la decisione è stata condivisa anche dalla presidente del Consiglio Meloni e dal ministro degli Esteri Tajani? Perché, visti gli obblighi internazionali dell’Italia derivanti dallo Statuto di Roma della Cpi? Il governo non ritiene che tale decisione comprometta la credibilità dell’Italia nel sistema di giustizia penale internazionale e non intende garantire il pieno rispetto degli obblighi di cooperazione giudiziaria internazionale?», si chiedono la capogruppo Pd alla Camera, Chiara Braga, e la deputata e responsabile Giustizia del Pd, Debora Serracchiani nell’interpellanza urgente rivolta alla presidente del Consiglio, al ministro della Giustizia e al ministro degli Affari Esteri. Basterebbe guardare la legge che regola i rapporti tra governo e Corte penale internazionale per avere una risposta, ma fare polemica sul presidente russo è un’occasione troppo ghiotta. Il mandato di cattura scatta quando qualcuno ricercato dalla Cpi mette piede in un Paese che aderisce alla Corte penale internazionale. L’intelligence della Cpi avverte la Corte, che avvisa l’Interpol e l’ambasciatore del Paese in Olanda. Solo a quel punto viene spiccato il mandato di cattura, che non passa dal Guardasigilli ma soltanto al Procuratore generale, visto che la Corte penale è un organo giudiziario riconosciuto dal nostro ordinamento con la legge 237 del 2012, che prevede la consegna del catturando, non l’estradizione.
Se Putin dovesse arrivare in Italia, indipendentemente dal «dove», la polizia giudiziaria è obbligata a dare esecuzione al mandato di arresto ed a trasmettere gli atti al Procuratore generale di Roma che, ai sensi dell’articolo 11 della 237 deve chiedere alla Corte d’Appello di Roma la misura cautelare. I giudici hanno eventualmente la facoltà di concedere una misura cautelare più «leggera» come domiciliari o libertà provvisoria, ma prima ne deve discutere con la Corte penale internazionale, non con il ministro della Giustizia.
È solo nel momento in cui la persona è sottoposta alla misura cautelare che il ministro per conto del governo valuta la consegna del criminale di guerra alla Corte, ha 20 giorni per fare tutte le sue valutazioni - con il bersaglio del provvedimento della Corte in custodia - ed
eventualmente decidere di non consegnarlo alla Corte, con le conseguenze «politiche» che questo gesto avrebbe, come prevede l’articolo 13 della 237/2012. Ecco perché il Guardasigilli parla di «notizia destituita di ogni fondamento».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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