Di lotta e di governo. Leader di Fratelli d’Italia e presidente del Consiglio. Giorgia Meloni capo di partito e Giorgia Meloni premier. Il tutto, se e quando possibile, nella stessa giornata. È successo ieri, 28 maggio, a Caivano, si replicherà a soggetto sabato primo giugno. Alle 15, forse anche 15.30, sarà in piazza del Popolo a Roma per il comizio conclusivo - a oggi l’unico - della campagna elettorale di Fdi per le Europee, alle 19 è invece attesa nella sua veste di capo del governo al tradizionale ricevimento in «abito scuro» al Quirinale per la Festa della Repubblica.
Un dualismo che ha maestri antichi (da Umberto Bossi a Silvio Berlusconi) e che è frutto di una scelta per nulla casuale, ma ragionata e consapevole. Di cui si è discusso qualche settimana fa in una riunione ad hoc convocata a Palazzo Chigi. D’altra parte, anche un mese fa alla convention programmatica di Fdi a Pescara, Meloni non ci ha girato troppo intorno quando ha lanciato l’idea di indicare sulla scheda elettorale solo il suo nome di battesimo: «Scrivete semplicemente Giorgia, perché io sarò sempre fiera di essere una persona del popolo». Dopo oltre diciannove mesi da capo del governo (oggi esattamente 585 giorni), la premier continua a sentirsi stretta dalle logiche istituzionali del Palazzo ed è per questo che ha deciso di modulare le ultime settimane prima del voto dell’8-9 giugno su un doppio registro.
A via della Scrofa giurano che non è una scelta presa guardando i sondaggi o per arginare un Matteo Salvini che sta particolarmente spingendo sull’acceleratore. Detto questo è indubbio che Meloni ha cambiato registro: dal comizio di Vox (per quanto senza toni accesi, comunque una presenza impegnativa), agli «Appunti di Giorgia» ribattezzati «Telemeloni», passando per l’affondo sui radical chic che guardano La7 e gli italiani chiusi in casa durante la pandemia.
Ieri l’ultimo atto. Miscelando profilo istituzionale e approccio popolare, tempestivamente rilanciato dai social di Fdi e dai parlamentari del partito.
A Caivano, rione di case popolari a pochi chilometri da Napoli dove negli anni Ottanta sono stati «stipati» gli sfollati del terremoto, l’occasione era l’inaugurazione del nuovo centro sportivo, simbolo del degrado di una comunità dove la camorra conta molto più dello Stato. Un successo per il governo, che ha tenuto fede - anche nella tempistica - all’impegno di riqualificare l’area. Ma che è stato mediaticamente sovrastato dall’affondo di Meloni su Vincenzo De Luca, governatore della Campania che due mesi fa alla Camera - immortalato da un video «rubato» in Transatlantico parlando con alcuni colleghi del Pd aveva dato della «stronza» alla premier, per poi definire don Maurizio Patricello - «regista» dell’operazione Caivano - il «Pippo Baudo dell’area nord di Napoli con relativa frangetta».
Così, la leader di Fdi decide di fare pari e patta. E al suo arrivo a Caivano saluta De Luca laconica: «Quella stronza della Meloni, come sta?».
Una scelta ragionata, tanto che l’account «X» di Atreju posta «Giorgia, insegnaci la vita» e rilancia il video (ripresa che il sito Dagospia ipotizza possa aver girato lo staff di Palazzo Chigi, anche se va detto che in rete ne circolano due diversi e alla «stretta di mano» erano presenti anche i videomaker di Comune, Regione e qualche emittente locale).
Intanto, i parlamentari di Fdi lo fanno girare nelle loro chat e rivendicando la bontà di un «linguaggio contemporaneo».Di certo, Meloni si è «levata un sassolino» e lo ha fatto non per caso. Insomma, di lotta e di governo. Pronta ad alzare i decibel della campagna elettorale in vista de voto dell’8-9 giugno.
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