Merkel fa il pieno di nomine e l'Europa può solo obbedire

La Cancelliera decide da sola come previsto: Juncker presidente della Commissione Ue e il tedesco Schulz resta alla guida dell'Europarlamento. Renzi e Hollande si piegano

La cancelliera tedesca Angela Merkel bacia il lussemburghese Jean Claude Juncker
La cancelliera tedesca Angela Merkel bacia il lussemburghese Jean Claude Juncker

«Ich bin ein berliner». Sono anch'io berlinese. Il primo a dirlo il 26 giugno di 51 anni fa, davanti al muro che separava l'ex capitale tedesca, fu John Kennedy. Oggi rischiamo di doverlo ripetere tutti. Al Consiglio Europeo convocato, ironia della sorte, per il 26 giugno a Bruxelles Angela Merkel servirà ai capi di governo europei la sua soluzione per la presidenza europea. Una soluzione tutta tedesca che riduce l'Europa ad una «grande Germania» nelle mani dell'inflessibile Angela. Stavolta per delimitare il nuovo protettorato di Berlino non servono neppure mattoni, filo spinato e mitragliatrici. Bastano le alchimie politiche e gli inciuci della cancelliera.

Alchimie e inciuci, rigorosamente berlinesi, messi a punto trattando solo con esponenti politici tedeschi. Al centro di tutto c'è sempre il grande indesiderato Jean Claude Juncker, il candidato alla presidenza della Commissione Europea indigesto non solo al premier inglese David Cameron, ma anche a tanti esponenti di un centrodestra europeo costretti a far i conti con le scelte imposte dalla Cdu della Merkel. Dopo essersi trastullata con la candidatura di Christine Lagarde, dopo aver blandito Cameron proponendogli al posto di Juncker un altro politico a fine corsa come il premier svedese Frederik Reinfeld, Angela ha risolto tutto nel cortile di casa. E lo ha fatto patteggiando la soluzione con Sigmar Gabriel, il leader dei social democratici tedeschi suo «vice cancelliere» all'interno della «Grosse Koalition» tedesca. Regalandogli qualcosa sul fronte interno lo ha convinto ad accettare Juncker come presidente della Commissione di Bruxelles ed ha, al tempo stesso, disinnescato la pretesa socialdemocratica di regalare in cambio la poltrona di vice presidente a Martin Schulz, candidato socialista alla presidenza europea. Non ha però potuto opporsi alla pretesa di Schulz, sostenuta da Gabriel, di restare presidente del Parlamento Europeo.

Angela Merkel ha insomma deciso i vertici del nuovo Parlamento e della nuova Commissione senza manco uscire dalla Cancelleria di Berlino. E lo ha fatto passando non solo sulle teste dei parlamentari europei appena eletti, ma anche su quelle dei capi di Stato e di governi convocati per il 26 giugno. Il cadavere più eccellente dell'intrigo berlinese è senza dubbio quello di David Cameron. Il premier inglese che minacciava di abbandonare l'Europa, ma confidava in Angela si ritrova sconfitto e umiliato. E la rabbia dei suoi elettori potrebbero costringerlo ad abbandonare Downing Street prima ancora di aver tempo di minacciare un trasloco da Bruxelles. L'aspetto più sfrontato dell'inciucio berlinese è però la tempistica. Accordandosi con Gabriel alla vigilia del vertice dei capi della sinistra europea, convocato ieri a Parigi da François Hollande per discutere «nomine e strategie europee» la Merkel ha infiltrato un autentico guastatore al fianco di Matteo Renzi e del presidente francese. Così anche il nostro premier, spesosi in altisonanti dichiarazioni sulla necessità di accordarsi prima sui programmi e poi sul nome del presidente della Commissione, deve rassegnarsi a mangiare la pappa cucinatagli da mamma Merkel. Anche perché l'unica alternativa è convincere Hollande ad opporsi a Gabriel e ai socialdemocratici tedeschi. Ma equivale a spaccare la sinistra europea rischiando di farle perdere anche la presidenza del Parlamento di Strasburgo.

Agli spiazzati Hollande e Renzi non resta dunque che implorare dalla Merkel, tramite Gabriel, maggiore flessibilità sul «fiscal compact» e più vaste politiche di crescita. Gabriel firmatario di una proposta con cui chiede di escludere dal calcolo del deficit «i costi generati dalle misure di riforma» è in teoria la persona giusta.

A Berlino però la sua proposta è già stata affossata dal ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble.

«Nel patto di Stabilità c'è già abbastanza flessibilità e crescita», ha sentenziato l'inflessibile cerbero tedesco. Renzi e Hollande, rischiano, dunque, di doversi mettersi il cuore in pace. Per gli inciuci va bene anche Gabriel, ma quando di mezzo ci son soldi e bilanci Angela preferisce Wolfgang.

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