Le toghe stoppano il governo: niente trattenimenti in Albania fino a febbraio

Il verdetto potrebbe arrivare tra qualche mese, dopo che la Corte Ue avrà chiarito i limiti dei magistrati sui rimpatri

Il centro migranti italiani nel porto di Shengjin, in Albania
Il centro migranti italiani nel porto di Shengjin, in Albania
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Decidere o non decidere sui «Paesi sicuri», col rischio di dare ragione al governo? È da poco finita l’udienza alla prima sezione civile della Cassazione sui ricorsi del Viminale e Questura di Roma contro la decisione della sezione Immigrazione del Tribunale di Roma, presieduta da Silvia Albano di Magistratura democratica, di disapplicare la lista dei Paesi sicuri decisa dal governo con legge ordinaria (poi per decreto varato il 23 ottobre) e negare il trattenimento necessario al rimpatrio con procedura d'urgenza sostenendo che Egitto e Bangladesh non fossero sicuri in assoluto, non solo per i richiedenti asilo portati dalla nave militare Libra nel Cpr di Gjader in Albania, che non convalidando i trattenimenti, con conseguente privazione della libertà personale senza il parere di un giudice, disinnesca così di fatto sia il protocollo d'intesa tra i due Paesi sia la lotta all'immigrazione clandestina del governo.

Come anticipava Il Giornale i sostituti procuratori generali della prima sezione civile della Corte di Cassazione, Luisa De Renzis e Anna Maria Soldi hanno chiesto di sospendere i trattenimenti in attesa che la Corte di Giustizia UE, il 25 febbraio del 2025, inizi la discussione in merito alla questione del Paesi sicuri. All'udienza era presente l'Avvocatura Generale in rappresentanza del Viminale e della Questura di Roma che hanno chiesto il rigetto dei ricorsi delle difese dei migranti. Gli avvocati dei cittadini stranieri che erano stati portati in Albania hanno chiesto l'inammissibilità dei ricorsi presentati dall'Avvocatura e in sub ordine che la Cassazione sollevi il rinvio pregiudiziale alla Ue sulla corretta interpretazione del concetto di Paese sicura (Direttiva 2013/32 UE - ndr). La Corte di giustizia dell’Unione europea era stata chiamata in causa successivamente da altri 12 tribunali - il primo è stato quello di Bologna - per fornire l'interpretazione più genuina della sentenza del 4 ottobre scorso, dietro cui si fa scudo il tribunale di Roma con delle sentenze fotocopia. Quindi bisognerà aspettare la Corte Ue prima di sapere la decisione della Cassazione, proprio mentre il Parlamento deve pronunciarsi sul Decreto Flussi che contiene la lista dei 19 «Paesi sicuri» con il voto di fiducia atteso nelle prossime ore al Senato.

I magistrati hanno o meno il potere di controllare d’ufficio la classificazione governativa dei «Paesi sicuri», indipendentemente da quello che ha stabilito l’esecutivo e la nostra diplomazia e soprattutto dalle dichiarazioni dei migranti? Cosa dice la sentenza della Corte Ue? Che non sono «sicuri» i Paesi su cui esistono pezzi di territorio fuori controllo. Ma al di là delle questioni meramente territoriali, la normativa Ue tutela i richiedenti asilo che rientrano in gruppi sociali particolarmente fragili, come oppositori politici o omosessuali. Nessuno dei profughi rientrava in queste categorie, ecco perché la decisione della Cassazione potrebbe dare ragione al governo.

Ma farlo prima che si pronunci la Corte Ue darebbe ragione all’esecutivo, così come peraltro potrebbero fare i giudici del Lussemburgo rispetto alla lista decisa dall’Italia, intenzionata ad anticipare al 2025 il Trattato Ue che vincola i tribunali alla lista dell’esecutivo. Il verdetto è atteso ad aprile, la procedura d’urgenza inizierà il 25 febbraio. Fino ad allora, l’Albania resterà congelata.

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