Lui ha pensato bene di dirlo e ora lo sappiamo. Antonio Ingroia, magistrato della Repubblica italiana, procuratore aggiunto a Palermo, ha fumato droghe leggere ed è pure favorevole alla loro liberalizzazione. Punto da una Zanzara, quella che dà il nome alla trasmissione di Radio24, il popolare giudice, a proposito del dibattito sulla legalizzazione delle droghe leggere, riaperto da un articolo di Saviano su L'Espresso e dalle posizioni del professor Umberto Veronesi, ha deciso di fare outing pubblicamente e radiofonicamente: «Legalizzazione delle droghe leggere? Un dibattito interessante, non sono contrario. Anzi sono per il sì». Affrettandosi ad aggiungere: «E poi Roberto Saviano ha spesso delle buone idee».
Dopodiché l'impunita Zanzara è tornata inevitabilmente a pungerlo con la seconda domanda: «Se ho fatto un tiro? Cose della gioventù e sono cose così lontane nel mio passato che il ricordo è molto sfumato».
A parte il facile gioco di parole che potremmo intrecciare tra quel «fumato» e quello «sfumato», ma che volentieri e giustamente vi risparmiamo, il fatterello non proprio irrilevante è che ci troviamo di fronte ad un uomo di legge che, sia pure in un passato oramai passato, è andato alla deriva per qualche momento o anche per qualche ora, volteggiando nel mondo dei sogni. Dunque se, forse può anche risultare essere deprecabile gridare oggi allo scandalo per la scelta d'evasione del magistrato Ingroia, stessa indulgenza ci sembra inopportuna nei riguardi dei trascorsi e delle frequentazioni che il magistrato Ingroia può aver avuto nel suo passato.
In altre parole, fatta salva la libertà di ciascun individuo, qualsiasi professione svolga e ruolo rivesta, di operare, rigorosamente in privato, scelte più o meno censurabili resta il fatto che se si fuma uno spinello con altra gente che fuma spinelli o, peggio ancora, sceglie magari (l'altra gente, bene inteso) di drogarsi con qualcosa di più impegnativo, inevitabilmente si finisce per passare qualche minuto, qualche ora o qualche giorno, in compagnia di persone non proprio di specchiata moralità. E, quindi, la domanda sorge spontanea: che razza di persone può aver mai frequentato nel suo passato, sia pure strapassato, il magistrato della Repubblica italiana, nonché procuratore aggiunto di Palermo, Antonio Ingroia?
Qualche perplessità, fumata o sfumata che sia, converrete che può sorgere anche in un libero pensatore. Tanto più che volendo andare a sfogliare le pagine del suo ampio ventaglio di dichiarazioni, un poco disarticolanti, ne torna alla mente anche un'altra.
Che rese nell'ottobre 2011, meno di un anno fa, quando partecipando al convegno politico del Partito dei Comunisti italiani dichiarò: «Un magistrato deve essere imparziale quando esercita le sue funzioni ma io confesso che non mi sento del tutto imparziale. Anzi, mi sento partigiano, sono un partigiano della Costituzione». E per quelle sue dichiarazioni si sollevò immediatamente e inevitabilmente una nuvola di polemiche. Tutt'altro che sfumate.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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