Napolitano non sente il «boom» di Grillo

Napolitano non sente il «boom» di Grillo

RomaGrillo chi? Forse il comico. Quanto poi all’exploit delle Cinque Stelle, Giorgio Napolitano alza le spalle: «Io di boom ricordo quello degli anni Sessanta», cioè quando l’Italia, uscita dalla seconda guerra, cresceva e si ricostruiva. «Altri boom non ne vedo». Il capo dello Stato quindi minimizza, circoscrive l’incendio, in qualche modo esorcizza la valanga antipartiti ricordando che «il test era limitato». Ma subito Beppe Grillo lo azzanna. «Napolitano dovrebbe rappresentare l’unità nazionale, anche noi che abbiamo 250 consiglieri. Invece vola basso, però l’anno prossimo si riposerà. Il nostro boom non si vede? Si sente: boom boom Napolitano». E sul web, grillini scatenati. «Vergogna, vaffa, è fuori dalla storia, non è il nostro presidente».
Tensione. Schermaglie. Sberleffi. Il capo dello Stato non è certo uno che parla per caso, ogni sua parola è sempre meditata. Perché quindi quella battuta sprezzante? Perché si è fatto trascinare in una insolita e violenta polemica? Perché ha voluto esporre coscientemente il fianco alle mascelle di Grillo? La risposta è semplice. Napolitano, che da qualche mese fa da parafulmine, in particolare al governo Monti e in generale all’intero sistema dei partiti, sta cercando di attirare su di sé le scariche elettriche provocate dall’uragano dell’antipolitica. E poi, dal suo punto di vista, non può certo confermare pubblicamente il successo di Cinque Stelle. Non può benedire il movimento imprimendogli il timbro del Quirinale. E così, ridimensionandone la portata, conta di ridurne gli effetti. Il messaggio è: tranquilli, l’onda passerà, il sistema reggerà.
Anche sul Colle però si rendono conto che le comunali del 2012 non possono essere archiviate come un evento quasi normale. Il terremoto c’è stato e, come si dice spesso in questi giorni, la maionese può impazzire da un momento all’altro. Napolitano stesso ne parla al Circo Massimo, durante l’inaugurazione di una mostra sulle Poste. «Dalle elezioni escono motivi di riflessione sul rapporto tra i cittadini e la politica e sui problemi di governabilità, che peraltro esistono pure in altri Paesi».
Il test, spiega, è quello che è, va analizzato con freddezza e misura. «Una volta si diceva che le elezioni amministrative avevano un rilievo essenzialmente locale. Questo poi era vero fino a un certo punto». Stavolta le comunali si sono intrecciate con le difficoltà economiche del Paese e con le scaramucce tra i partiti che sostengono Monti sulle tasse e la spending review. E quindi, anche se «è stata una prova piuttosto circoscritta e il numero di elettori chiamati a votare non è stato grandissimo», il giorno dopo «ci sono motivi per riflettere per le forze politiche». Insomma, come ha detto più volte negli ultimi mesi, se non vogliono sparire i partiti devono svegliarsi, ripulirsi, ridursi i finanziamenti, occuparsi degli interessi della gente e non solo dei propri.
A Beppe Grillo, ovviamente, il ragionamento del capo dello Stato non piace per niente. «Sono rimasto a bocca aperta - scrive nel suo blog - spalancata come un’otaria. Là dove non hanno osato neppure i Gasparri e i Bersani, ha volato, basso, Napolitano. Il presidente della Repubblica, l’uomo che per l’articolo 87 della Costituzione rappresenta l’unità nazionale, ha voluto minimizzare il voto parlando di test circoscritto.

È vero, noi siamo nati solo due anni e mezzo fa, ma lui non si rende conto che i partiti che facevano boom negli anni Sessanta e dopo, ora non se li fila più nessuno?».
E il comico si tiene l’ultima parola: «Tra un anno sarà nominato il successore di Napolitano. Se Cinque Stelle farà boom, non sarà un’emanazione dei partiti, come la Bonino, o delle banche, come Rigor Montis».

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