“Chi vuole aderire al Pd e fino a ieri ci ha infangato, almeno riconosca di avere sbagliato, dimostri di avere cambiato idea e ci chieda pubblicamente scusa”. Paola De Micheli, candidata in corsa per la segreteria del partito, proprio dalle colonne di questo giornale, ribadisce i motivi per cui l’ex iena, Dino Giarrusso, non può prendere la tessera del Pd.
Contro l’eurodeputato si è schierato il gotha del partito. "Ora siamo seri: il Pd non è un taxi che si prende e che si lascia quando si preferisce. Questo vale per Dino, per Sauro e per tutti gli altri. Giarrusso deve esser coerente: ci ha infamato per non so quanti anni e ora improvvisamente cambia idea”, ha detto il sindaco di Firenze, Dario Nardella. Una levata di scudi che, però, risulta assai insolita per un partito che ancora fino a fine febbraio sarà retto da Enrico Letta, un ex premier che, prima di diventare segretario, per ben cinque anni consecutivi non aveva rinnovato la tessera. Ma non solo.
Elly Schlein, corre alle primarie nonostante OccupyPd...
Il Pd è il partito che ha consentito ad Elly Schlein non solo di riprendere la tessera, ma persino di correre alle primarie del prossimo 26 febbraio. A primo acchito sembrerebbe una notizia più che positiva perché si tratta di un ex europarlamentare che “torna a casa”. Ma Elly Schlein è anche una delle promotrici di OccupyPd, la protesta di un gruppo di parlamentari e tesserati che, nel 2013, dopo l’affossamento della candidatura di Romano Prodi a Presidente della Repubblica, occuparono le sedi del partito in segno di protesta, opponendosi anche alla nascita del governo di “larghe intese” dell’epoca, quello guidato dal duo Letta-Alfano."Noi occupammo le sedi del partito contro le larghe intese, ma ora sono le larghe intese che stanno occupando noi. Il Pd non è quello che era nato per essere”, disse la Schlein poco dopo il suo addio.
Le bordate lanciate da Bersani e Zingaretti
Ma ben più grave furono le affermazioni degli ex segretari Pier Luigi Bersani e Nicola Zingaretti, nei giorni delle loro dimissioni. Il primo, nel 2013, definì (giustamente) il Pd un partito di traditori. Riferendosi ai 101 che impallinarono la corsa di Prodi al Colle, disse: “Consegno le mie dimissioni: uno su quattro tra noi è un traditore”. Il secondo, invece, nel 2019 si scagliò contro le correnti e disse apertamente di vergognarsi del Pd. “Lo stillicidio non finisce. Mi vergogno che nel Pd, partito di cui sono segretario, da 20 giorni si parli solo di poltrone e primarie, quando in Italia sta esplodendo la terza ondata del Covid, c'è il problema del lavoro, degli investimenti e la necessità di ricostruire una speranza soprattutto per le nuove generazioni", furono le parole testuali. Bersani, come sappiamo, in piena epoca renziana, fu anche protagonista di forti critiche e di una scissione. Famosa è la metafora“c’è una mucca in corridoio”. Metafora che, nel 2016, partendo dalla reintroduzione dei voucher, spiegò a Repubblica.it: “Non ci accorgiamo che o li togliamo noi, o li toglie la destra e non troveremo più la sinistra. La sinistra deve rassicurare sui suoi valori, non serve stare su slogan del passato. La sinistra deve dare nuove regole del lavoro e ridurre la forbice, il fisco e il welfare, vedere cosa può fare l'investimento pubblico in economia. Non stiamo discutendo di questo perché non vediamo la mucca in corridoio".
La scissione di Articolo Uno e la 'profezia' di D'Alema
Nel 2017, Roberto Speranza, invece, spiegava così i motivi che portarono alla scissione e alla conseguente nascita di Articolo Uno: "Il Pd è diventato Pdr, partito personale e pigliatutto, con dentro tutto e il contrario di tutto. Non mi meravigliano alleanze strane, arriverà presto l'alleanza con Silvio Berlusconi alla quale diciamo di no”. Dentro il Pd, attualmente, c’è forte perplessità per il rientro degli ex scissionisti perché si teme che non resteranno nel partito, in caso di una sconfitta della Schlein.
Ma il Pd è un partito molto particolare al quale aveva aderito un altro fondatore di Articolo Uno, Massimo D’Alema, sebbene fosse contrario alla nascita del Pd ben 8 anni prima che nascesse. “Mettiamo un po’ di ambientalismo perché va di moda. Poi, siamo un po’ di sinistra, ma come Blair che è sufficientemente lontano. Poi, siamo un po’ eredi della tradizione del cattolicesimo democratico. Poi, ci mettiamo un po’ di giustizialismo che va di moda e abbiamo fatto un nuovo partito”, disse prefigurando la nascita del Pd. E aggiunse:“Lo chiamiamo in un modo che non dispiaccia a nessuno perché Verdi è duro, Sinistra suona male, Democratici lo siamo tutti ed è fatta. E chi può essere contro un prodotto così straordinariamente perfetto? C’è tutto, auguri, ma io non ci sto”.
Gli insulti di Santori e dei governatori De Luca ed Emiliano
Ma non è finita qui perché, oltre agli ex di Articolo Uno, sempre per sostenere la candidatura della Schlein, anche la “sardina” Mattia Santori ha annunciato il suo ingresso nel Pd, quello stesso partito che solo nel 2021 aveva definito “tossico”. E che dire dei due potentissimi governatori del Sud, Vincenzo De Luca e Michele Emiliano? Il primo, nel luglio scorso, bombardò per l’ennesima volta il Pd: “Negli altri partiti la selezione dei gruppi dirigenti è rigorosa: ti presenti, ti candidi, se vinci vinci, se perdi chi s’è visto s’è visto. Nel nostro Paese invece la selezione dei gruppi dirigenti avviene in negativo, più sei un pinguino, più perdi elezioni, più fai carriera. Questo è il dato del Pd”. E, poi, rincarò la dose:“Il Pd ha assunto il peggio del Partito comunista e il peggio della Democrazia cristiana: il centralismo burocratico del Pci e il correntismo della Dc”. Il secondo, in piena campagna elettorale, nel settembre 2022, si spinse ben oltre: “Votare per il Pd o, almeno nella mia Puglia, per chiunque altro, ma non per il centrodestra”. E, poi, puntualizzò: “Io amministro la Puglia con una maggioranza che comprende i 5stelle, non posso quindi fare mia quella richiesta: Chiediamo, invece, all’elettorato di compiere un miracolo scegliendo collegio per collegio quello che ritengono con più possibilità cercando di far confluire il più possibile i voti, non importa se al Pd o ai 5 Stelle”.
La 'strana' ascesa della Serracchiani
L’attuale capogruppo del Pd, Debora Serracchiani, divenne astro nascente del partito nel 2009 quando inveì pubblicamente contro l’allora segretario Dario Franceschini: “Siamo apparsi come un partito lontano dalla realtà dalle cose reali non siamo stati capaci ciascuno di parlare oltre il proprio elettorato. Mai una parola chiara, mai una linea netta e soprattutto mai una linea unica”.
Da questa reprimenda ebbe inizio la folgorante carriera della Serracchiani. E, poi, sorge spontaneo il dubbio che il problema sia veramente Dino Giarrusso. Chi più, chi meno, un po’ tutti hanno infangato il Pd. A partire da chi ne fa attualmente parte…- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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