Nuovo stadio della Roma, 8 anni all'ex presidente 5s

De Vito, già numero uno dell’assemblea capitolina con la Raggi sindaco, condannato con altre 8 persone

Nuovo stadio della Roma, 8 anni all'ex presidente 5s
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Sarebbe dovuto sorgere a Tor di Valle il nuovo stadio della Roma, uno stadio «fatto bene». Bello, grande. Degno della Capitale d’Italia. Sì, così dicevano. Eppure, dopo dieci anni dello stadio neanche l’ombra.
A materializzarsi sono state, invece, solo le condanne (in primo grado) emesse ieri sera dal tribunale di Roma. Dopo oltre otto ore di camera di consiglio. La più pesante per l’ex presidente grillino dell’assemblea capitolina Marcello De Vito (nella foto). Per lui otto anni e otto mesi di reclusione. Costruttori, amministratori pubblici e politici. Tutti coinvolti in un giro di corruzione legato alla costruzione (mai avvenuta) dello stadio della città. Tutto è partito nel 2018, dall’inchiesta «Rinascimento». Dopo sei anni, ieri le condanne. Nove in tutto. Tra i condannati anche Luca Lanzalone, consulente del Movimento 5stelle, per lui tre anni; l’imprenditore Luca Parnasi a cui sono stati inflitti due anni, ma con rito abbreviato e il deputato leghista Giulio Centemero che dovrà scontare un anno.
Condannati anche Gianluca Bardelli a sei anni e otto mesi, Adriano Palozzi a un anno e dieci mesi, Giuseppe Statuto a un anno e mezzo e Andrea Manzoni a 8 mesi.
Non solo, anche dieci assoluzioni. Vere sorprese, soprattutto per gli imputati. Soprattutto per i politici coinvolti come il deputato Francesco Bonifazi, ex tesoriere del Pd e oggi parlamentare di Italia Viva che ha affidato ai social il suo sfogo: «Dopo un calvario durato più di 6 anni, non posso dirmi felice, è un calvario che non auguro a nessuno.
Soddisfatto quindi, ma non felice.
La mia battaglia per una giustizia giusta continuerà con ancora più consapevolezza». Tra gli assolti anche l’ex assessore regionale del Pd Michele Civita. Una storia lunga anni che ha fatto tremare i palazzi della politica romana. Soprattutto il Campidoglio ai tempi in mano al Movimento 5 stelle, a Virginia Raggi. L’imprenditore Luca Parnasi che avrebbe dovuto costruire lo stadio della Roma, con metodi da «prima Repubblica», (parole sue) - a detta della procura - si accaparrava gli appalti. D’altronde «è così che si fa in Italia» diceva nel corso di una delle tante udienze. A spalleggiarlo c’era Marcello De Vito, ai tempi, astro nascente del M5s, uomo fidato di Virginia Raggi.
Un vero e proprio grillino, ma con un primato: il primo ad essere arrestato per corruzione.
A incastrarlo sarebbero state alcune intercettazioni dove veniva sottolineato come bisognasse «sfruttare le congiunzioni astrali». I momenti favorevoli. E quelli, per loro, tra il 2016 e il 2021, lo erano. Per il Gip Marcello de Vito «sfruttava il suo ruolo per fini privatistici». Scambi di favori tra potenti.
Ma c’è un altro condannato vicino al Movimento 5 stelle, scelto personalmente dall’allora sindaco della Capitale, Luca Lanzalone. Un top manager già presidente di Acea (di cui il Comune detiene il 51%) nominato ai tempi dalla Raggi, che ha seguito, in veste di consulente a titolo gratuito per la giunta 5s, il dossier sulla struttura sportiva che sarebbe dovuta sorgere nella zona di Tor di Valle. «Un incarico – per gli investigatori - assolutamente inutile e assegnato per finalità corruttive, inerente l’assistenza legale». «Spenderò qualche soldo per le elezioni... c’ho già la lista dei partiti».

Così diceva il costruttore Luca Parnasi parlando ai suoi collaboratori, spiegando di dover fare «un investimento sul futuro», diceva in una intercettazione ambientale. Circa 400mila euro promessi (su sua stessa ammissione) a fondazioni vicine ai vari movimenti, ai partiti. Inutile dire che tutti ricorreranno in appello.

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