La prima regola della democrazia è riconoscerla. La sinistra tende a dire che è malata ogni volta che perde. Sta invece benissimo quando va in tilt e il Parlamento, magari con un'azione più o meno invasiva del capo dello Stato, si rifugia in un governo tecnico che porta sempre con sé un clima da emergenza nazionale. L'impressione è che i prodiani redivivi, custodi della buonanima dell'Ulivo, stiano di nuovo puntando allo stallo. Il nuovo Ulivo, ammesso che esista, non verrà messo in campo per vincere ma per pareggiare. L'importante è che la Meloni non abbia una maggioranza per governare. La logica dell'Ulivo è quindi numerica, i contenuti sono piuttosto irrilevanti. La strategia è riuscire a mettere insieme tutti quelli che non vogliono la Meloni, non importa se poi, tra di loro, sono incompatibili. È la stessa formula applicata da Macron in Francia. Il problema è che così bisogna rinunciare alla politica. È un'alleanza che si fonda sul vuoto. Lo si vede già adesso. Qualcuno ha capito quale è la politica della sinistra sull'immigrazione? Non apre le frontiere e neppure le chiude. Si limita a dire: accogliamo chi sbarca, se riesce a sopravvivere al viaggio dal deserto al mare. È una politica cinica e ipocrita. Porte aperte a chi non muore. Lo stesso discorso si può fare sulla sicurezza, reale o percepita, su cui però Pd e Cinque Stelle non sanno cosa rispondere. Quale è invece la politica sulle periferie? La Milano di Sala che si rinserra. La politica estera? Non è né pace né guerra.
E sulla scuola, sulle riforme, sul lavoro, sulla legge elettorale? Ti dicono solo quello che non vogliono. La politica della sinistra è un «non». È antitesi. È catenaccio. Non si può vincere dicendo: «Gli altri sono brutti». È per questo che i nuovi prodiani puntano tutto sul pareggio.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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