«Ora facciamo tutti un bagno di umiltà Dividerci? Un peccato»

«Ora facciamo tutti un bagno di umiltà Dividerci? Un peccato»

RomaSignor sindaco di Roma, Berlusconi chiama, Alemanno risponde. Il Pdl è inguardabile, finito. Ipse dixit.
«Noi ci associamo».
Lei non gradisce neppure più liste che leghino il suo nome a quello del Pdl.
«Dobbiamo voltare pagina e credo che da Roma e dal Lazio, dopo quello che è successo, debba ripartire il nuovo. Uno scatto in avanti, dare il buon esempio, far tornare la “buona politica”».
La informo che i buoi sono usciti dalla stalla.
«Ma non possiamo rassegnarci a guardare: sia perché il centrodestra è ancora la maggioranza di questo Paese, sia perché la gente ci chiede un cambiamento radicale. Ovunque vado, trovo elettori che attendono una nuova offerta politica, una nuova proposta. Che diciamo basta alle chiacchiere».
Che non sia «solo questione di lifting», s'è raccomandato.
«Guai se lo fosse».
«O si fa sul serio o ognuno per conto proprio». Fa sul serio?
«Serissimo. Sono pronto anche a separazioni, non tanto di carattere geografico o ideologico, quanto comportamentale».
Domani (oggi per chi legge, ndr) sarà a Bari per dar vita a una «lista civica del Centro-Sud». Orizzonte un po' limitato, non trova?
«Quella è solo una delle ipotesi. Ma innanzitutto c'è bisogno di sentire gli umori della base, e questa sarà la prima tappa di un giro romano e nazionale. Bisogna aiutare l'emergere di nuove forze, le liste civiche che stanno nascendo ovunque in Italia possono rappresentare linfa fresca e vitale».
Non è una fuga da Roma?
«Macché. Qui al Campidoglio ho un lavoro da compiere. Ma per evitare equivoci, vorrei fosse chiaro che per realizzare il lavoro nella capitale c'è bisogno di una spinta di una forza politica nazionale».
Ma che significa «ognuno per conto suo»? Si torna a Forza Italia e ad Alleanza nazionale?
«No, sono esperienze superate. Anche se non penso che la fusione tra le due anime sia fallita, il mix secondo me funzionava. Forse il Pdl non ha avuto la determinazione adatta a farla andare fino in fondo... Ci siamo sicuramente concentrati troppo sul governo. Alfano ha fatto il possibile e l'impossibile, ma forse era troppo schiacciato sul suo ruolo da Berlusconi. Così la logica delle quote, senza primarie, ha fatto prevalere sottogruppi e lobby ereditate dai vecchi partiti. Se oggi stare assieme diventa paralizzante una scomposizione è inevitabile. Ma sarebbe un gran peccato».
Allora come immagina la rifondazione del centrodestra?
«Penso anzitutto che occorra concentrarsi sulle primarie, l'unica garanzia che l'azzeramento non venga calato dall'alto. L'input viene da Berlusconi, è lui che dà l'indirizzo. Ma non dobbiamo commettere ancora l'errore di lasciare tutto il peso sulle sue spalle. A noi spetta fare un bagno di umiltà, rimetterci tutti in discussione e nel giro di uno-due mesi, avendo il 2 dicembre come data di riferimento, rinnovare le cariche centrali e periferiche. Anche io voglio assolutamente le primarie qui a Roma: non vado alle urne senza legittimazione popolare. Poi immagino una grande convention che dia vita al percorso, presenti nuovo simbolo e nuovo nome».
Tempi da centometristi più che da centrodestri.
«Il regolamento per le primarie ce l'abbiamo. Abbiamo anche un ordine del giorno per utilizzare questo strumento per la scelta del leader. Più intenso sarà questo percorso, più risulterà entusiasmante e credibile».
Rinascere per far cosa?
«Cercare di riaggregare tutto il centrodestra, vedere se è proprio impossibile qualche forma di alleanza con l'Udc, per esempio, che è in forte disagio nel suo rapporto con il Pd. Potrebbe nascere una lista per l'Italia: una proposta alta che abbia per interlocutore anche Monti. Vede, un suo eventuale “bis” non dev'essere un destino, una specie di condanna. Bensì l'eventuale, necessario compimento di un lavoro utile al Paese. Berlusconi è disponibile per un ragionamento di questo genere. E il Paese è e resta di centrodestra».
Non temete l'immagine offuscata e difetti di credibilità?
«Dobbiamo far rinascere la politica, affrontare le sfide che la crisi ci impone, non affidare i cittadini ai mercati finanziari e ai tecnocrati. Occorre anche saper dire basta alle clientele e stroncare sul nascere i fenomeni corruttivi».
La sua giunta non è stata proprio un esempio.
«Non ho fatto sconti a nessuno, ma nemmeno vanno fatti processi sommari. Ho sostituito assessori e amministratori. Su altre vicende, si è trattato di bolle mediatiche che hanno enfatizzato fatti circoscritti e relativi. Con un sindaco di sinistra, i giornali neppure ne avrebbero parlato».
Ma chi ha vissuto la stagione della destra legge e ordine, come ha preso il «caso Fiorito»?
«Con sbigottimento. Poi è salita dentro una rabbia profonda. Negli anni della nostra gioventù, c'è chi è morto per certi valori».
Forse non li avete insegnati ai fratelli minori.
«Ci sono state molte evoluzioni veloci, in questi anni. Nel correre in avanti forse non ci siamo presi il tempo per vedere come ci seguivano le truppe».


Più che il «come», il «chi».
«D'ora in avanti saremo più attenti, guarderemo meno all'immagine, parleremo di più con la gente e la nostra base. Il tempo dei partiti-immagine è finito. Non commetteremo errori del genere. Mai più».

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