![Oriana Fallaci ci vedeva molto lungo](https://img.ilgcdn.com/sites/default/files/styles/xl/public/foto/2024/04/12/1712902692-4443405-large.jpg?_=1712902692)
Gentile Direttore Dott. Vittorio Feltri,
dal Giornale del 4 febbraio leggo finalmente qualcosa su Oriana Fallaci, niente di particolare se non scrivendo di Pasolini di lei ospite a New York. Alquanto trascurata da critici ed intellettuali, anche il Suo giornale non si spreca in diffusione dell'opera dell'italiana più letta all'estero che in Italia. Era considerata una visionaria quando prevedeva quell'invasione verso l'Europa che stiamo vivendo oggi. Stimato Direttore, amico della giornalista scrittrice, voglia, come ha fatto in altre occasioni, fare il punto e incominciare a dare quello che è dovuto a chi ha tentato di farci capire quella che sarebbe diventata l'attuale nostra realtà quando eravamo in tempo per prendere coscienza ed opporre qualche difesa condivisa da tutti i popoli europei. Forse ora possiamo solo prendere coscienza. Voglia, per favore, dare il Suo parere che personalmente ritengo sempre poco discutibile.
Giuseppe Giorgio Mariani
Milano
Caro Giuseppe,
non c'è giorno in cui io non ricordi Oriana. E penso spesso: «Quanto ci vedeva lungo quella stronza!». È stata amata e odiata, ma anche coloro che la odiavano non potevano fare altro che ammirarla. La ammiravano per il suo coraggio, virtù rara, il coraggio di affermare quello che realmente si pensa senza farsi condizionare dal giudizio altrui, senza il timore di essere ghettizzati, isolati, derisi in funzione delle proprie opinioni. Al di là della potenza della sua scrittura, ritengo che la grandezza di Fallaci risiedesse soprattutto in questo coraggio, che è nient'altro che libertà. Una libertà che l'essere umano sogna e brama, ma che pure non osa, poiché la libertà ha un prezzo, che a volte si paga con la solitudine e l'ostracizzazione. Questo è quanto è accaduto ad Oriana. A volte mi chiedo cosa diavolo volesse comunicarmi di tanto importante in quel sogno in cui mi apparve poco dopo la sua dipartita. Mi si rivolgeva con quella voce rauca, inconfondibile: «Vittorio, Vittorio, devo parlarti». Mi pento di averla implorata di andarsene, lo feci perché avevo paura, lo ammetto. Forse intendeva, ancora una volta, mettermi in guardia da questa deriva, quella in cui versiamo e in cui sprofondiamo ogni giorno di più per effetto di decisioni politiche, condotte ed errori compiuti negli ultimi lustri, che hanno trasformato la nostra patria, parola questa che ad Oriana piaceva molto, in una sorta di terra in cui chiunque può giungere a piacimento e insediarsi e fare nulla se non delinquere e seminare terrore. Abbiamo la fortuna, in tutto questo, di disporre ora di un esecutivo di centrodestra. Se avessimo avuto la sinistra al governo, la situazione sarebbe ben più grave. Eppure mi rendo conto che l'esecutivo viene costantemente ostacolato nel suo proposito di regolare gli arrivi, di esercitare quel potere legittimo di stabilire chi possa accedere e chi no, di porre un argine alla immigrazione clandestina di massa. E questo è molto frustrante, sia per chi si trova al potere, ossia la maggioranza, ed è costretto a combattere per compiere i suoi doveri su mandato del popolo sovrano, sia per il popolo sovrano medesimo, per noi italiani, che sopportiamo sempre meno il caos nel quale sono piombate le nostre città da quando abbiamo spalancato le frontiere a tutti in nome del globalismo, del multiculturalismo e della società aperta. Oriana parlava di «invasione» e pure di guerra alle nostre anime per stravolgere le nostre società, libere, civili, democratiche, sicure. Di fatto siamo sempre meno liberi poiché alla diminuzione della sicurezza corrisponde una perdita di libertà, la libertà di andarcene in giro senza la costante minaccia di essere aggrediti, derubati, accoltellati da quei clandestini che abbiamo accolto. Questa però è una verità che la sinistra nega, celebrando l'immigrato quale vittima e persona perbene che scappa dalla guerra e dalla miseria e che noi abbiamo il dovere di proteggere in quanto siamo autori di quella guerra e di quella miseria da cui l'extracomunitario proviene. Una ricostruzione sempre meno credibile, sempre meno convincente, ma che continua ad essere sostenuta dai progressisti, quegli stessi progressisti che ieri infangavano e oltraggiavano Oriana, definendola «pazza» o «strega», e che oggi, in cuor loro, sanno benissimo che ella aveva ragione, come lo sappiamo io e te. La differenza è che loro non lo ammetteranno mai.
Eppure è vietato affermare il vero. Credo che Oriana desiderasse che io portassi avanti le sue battaglie, tanto era grande il suo amore per l'Italia e per la civiltà occidentale tutta. Non so dire se sono stato in grado di assolvere questo compito, probabilmente non come lei avrebbe voluto, lei che ci metteva tutta la passione possibile, che ci credeva con tutta se stessa, che era una rompiscatole perfezionista, ma ho fatto del mio meglio, in qualità di direttore e di giornalista, per raccontare le storture dell'ideologismo progressista ed i rischi connessi a quel tipo di società che esso auspica.
E seguiterò a denunciare le distorsioni a cui assistiamo, cosa che mi è costata spesso l'accusa di razzismo o di fascismo, quando non sono né razzista né fascista, bensì soltanto un uomo, un cittadino, un italiano che, come Oriana, ama ardentemente la sua Nazione e non può rassegnarsi all'idea che essa venga maltrattata da quei forestieri che migrano dalle nostre parti vantando diritti e pretese e con scarsa, o addirittura assente, consapevolezza che il contraltare delle libertà sono i doveri, non meno sacri delle prime.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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