"Paesi sicuri Ue già nel 2025", la Ue sblocca i Cpr in Albania

L'annuncio della von der Leyen: "Anticiperemo la lista Ue prevista per il 2026". Il ministro Piantedosi: "Fiducioso che il protocollo con Tirana possa ripartire"

"Paesi sicuri Ue già nel 2025", la Ue sblocca i Cpr in Albania
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La Ue accelera sui «Paesi sicuri» con una lista certificata dall’Europa e così potrebbe sbloccare il protocollo sull’Albania prima del pronunciamento della Cassazione e della Corte di Giustizia Ue. L’annuncio della presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen arriva in mattinata. Nella lettera di aggiornamento sulle politiche migratorie indirizzata ai capi di Stato o di governo in vista del Consiglio europeo la presidente Ue sottolinea di aver chiesto all’Agenzia dell’Ue per l’asilo di «accelerare la sua analisi dei Paesi terzi specifici che potrebbero potenzialmente essere designati come Paesi di origine sicuri e Paesi terzi sicuri, al fine di redigere elenchi Ue».

In questi giorni si discute del Patto Ue sull’immigrazione che «introduce già elementi innovativi, tra cui l’allineamento del concetto di “Paese terzo sicuro” (come l’Albania, ndr) nel regolamento sulla procedura di asilo con gli standard internazionali, introducendo al contempo una maggiore flessibilità per la sua applicazione» rispetto a oggi. Il protocollo Italia-Albania che prevede l’hotspot di Gjader come approdo per verificare il diritto d’asilo dei richiedenti provenienti da Paesi «sicuri» secondo l’elenco stilato dal governo italiano nel Decreto flussi al momento è congelato in attesa di comprendere meglio l’interpretazione genuina di «sicuro» dopo una sentenza della Corte di giustizia Ue dello scorso 4 ottobre, su cui si pronunceranno i giudici del Lussemburgo tra febbraio ed aprile del 2025.

Se il concetto di «Paese sicuro» diventasse di fatto una norma europea non dal giugno 2026 ma già nel 2025 (come aveva anticipato il Guardasigilli Carlo Nordio nei giorni scorsi) per la giurisprudenza interpretativa italiana per cui l’elenco italiano è «fuorilegge» rispetto al diritto Ue sarebbe una decisiva battuta d’arresto. «Stiamo accelerando la revisione di questo concetto, avviando consultazioni con gli Stati membri, il Parlamento europeo, l’Unhcr e l’Oim e le Ong mirate, per valutare se siano necessarie modifiche al regolamento», ha scritto la von der Leyen, sottolineando che la Ue sta «esplorando come possiamo promuovere l’applicazione di questi concetti».

E poi, chi l’ha detto che la Cassazione e la Corte Ue darà torto all’Italia? Tutto ruota attorno alle sentenze fotocopia della sezione Immigrazione del tribunale di Roma, guidato dalla presidente di Md Silvia Albano, secondo cui Bangladesh ed Egitto non sono «sicuri», non tanto e non solo per i 12 richiedenti asilo intercettati dalle navi della nostra Marina nel Mediterraneo, ma in assoluto. Un pronunciamento su cui la Cassazione si è riservata di decidere dopo la Corte Ue, interpellata da una dozzina di tribunali italiani alle prese con i trattenimenti nei Cpr dei richiedenti asilo la cui domanda è stata bocciata perché senza requisiti.

«Gli sbarchi sono diminuiti quest’anno, sono circa il 60 per cento in meno rispetto al 2023, e meno 30 per cento rispetto al 2022 - ha detto il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, in una intervista al “Tempo” - È un risultato frutto di un lavoro complesso, a partire dalle collaborazioni con i Paesi di transito e di origine. Detto ciò, penso che contrastare l’iniziativa dell’Albania come stanno facendo le opposizioni sia miope, con toni a volte anche esagerati. Sembra che siano il buco nero dei diritti umani, mentre invece è un’iniziativa su cui l’Italia anticipa quella che sarà la soluzione europea».

Sulla disapplicazione del decreto Flussi sui Paesi sicuri il titolare del Viminale sottolinea: «È un tema fondamentale che incide sulla possibilità di stabilire le condizioni minime per attivare un certo tipo di iniziative. Nel caso dell’Albania ho rispetto della magistratura, perciò aspetterei il pronunciamento della Cassazione. Ma va detto che secondo il pensiero dominante in Europa un Paese terzo sicuro è quello dove in maniera generale e sistematica non avvengono casi di persecuzione o trattamenti disumani.

Un concetto, dunque, che può essere esteso anche a quei Paesi verso i quali noi effettuiamo i rimpatri. È un tema molto tecnico» ha concluso Piantedosi. La decisione della von der Leyen sembra andare nella stessa direzione.

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