Roma - Un ritorno al passato, cioè alla «palude», con una spruzzata di nuovo e, soprattutto, un pizzico di democrazia partecipativa. Il progetto di legge per la riforma elettorale, proposto dal Movimento 5 stelle, è infatti proporzionale e, nonostante le dichiarazioni dei grillini, non assicura automaticamente la governabilità di entrambi i rami del Parlamento. I pentastellati sono infatti a favore della conservazione del bicameralismo perfetto. Senza più il maggioritario si creerebbe un allegro caos stile Prima Repubblica nel quale sarebbero possibili solo due alternative (dando per scontata l'impossibilità per qualsiasi partito di raggiungere da solo il 51%): una Grosse Koalition perenne oppure maggioranze variabili con M5S a far l'ago della bilancia.
Ma vediamo nel dettaglio la piattaforma sulla quale Grillo, Casaleggio e i loro parlamentari dovrebbero intavolare un'eventuale trattativa con il Pd di Matteo Renzi. La proposta, formulata dopo una consultazione internet e con la consulenza del professor Aldo Giannuli, è un ritorno al proporzionale con una soglia di sbarramento «implicita». Il territorio italiano verrebbe, infatti, diviso in 42 circoscrizioni di dimensioni variabili. Un seggio è attribuito alla Val d'Aosta, tre al Molise, mentre tre grandi circoscrizioni metropolitane (Milano con Monza e Brianza, Roma e Napoli, a loro volta frazionate in collegi plurinominali) eleggono un numero di deputati variabile tra 32 e 42. Secondo i grillini, la soglia di sbarramento è attorno al 5% e, comunque, le liste che ottengono meno del 10% su base nazionale sono sottorappresentate.
Due le grandi innovazioni: il panachage, cioè il voto disgiunto, e il voto di penalizzazione. L'elettore riceve, infatti, due schede: una per esprimere il voto di lista e quello di penalizzazione (il candidato penalizzato perde un voto e la lista uno o due decimi di voto a seconda della circoscrizione) e l'altra per il voto di preferenza che può essere assegnato a un candidato di una lista diversa da quella per cui si è votato.
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