Donna contro donna. Il popolo della sinistra ha scelto Elly Schlein come anti-Meloni. È vero che la giovane deputata è sembrata incarnare meglio la richiesta di innovazione, ma è pur vero che era sostenuta da gran parte del vecchio establishment del Pd.
Ma il Pd avrebbe davvero scelto una donna se a Palazzo Chigi ci fosse stato un uomo oppure la vittoria di Giorgia Meloni ha, in qualche modo, spianato la strada alla Schlein? “Il fatto che il centrodestra si sia affermato con Giorgia Meloni può aver facilitato la voglia anche nel centrosinistra di dare un segnale di cambiamento radicale. In molti fenomeni sociali, quando da una parte avviene un processo di innovazione anche dall’altra si manifesta un processo uguale e contrario”, spiega a ilGiornale.it il sondaggista Alessandro Amadori che riconosce al centrodestra “il merito di aver sfondato una barriera” e di essere stato sempre un passo rispetto al centrosinistra nell’affidare ruoli di responsabilità alle donne. “In questo, il Pd, è sempre stato subalterno alla destra”, gli fa eco Carlo Buttaroni, fondatore dell’Istituto Tecné che sottolinea come la sinistra si sia sempre fatta portatrice della parità di genere e dei diritti civili, ma non sempre li abbia messi in pratica. Secondo l’esperto è evidente che “il successo della Meloni ha aperto la strada alla Schlein e ne ha favorito la vittoria perché ha dato forza a un rinnovamento”. Federico Benini di Winpoll, l’unico istituto ad aver predetto la vittoria della Schlein, ammette: “La destra ha fatto una grande mossa con la Meloni e a lei gliene va dato atto”. E aggiunge: “Penso che anche se non in misura davvero determinante, abbia inciso anche l’orgoglio e la consapevolezza del fatto che la sinistra non poteva restare indietro sulla questione femminile rispetto alla destra”.
Un elemento più importante, secondo il fondatore di Winpoll, è “la voglia di sperimentare qualcosa di nuovo che, in Italia, esiste fin dal nel ’94 con Berlusconi e che è stata determinante anche nel 2013 col M5S, nel 2014 con Renzi, nel 2019 con Salvini e pochi mesi fa con la Meloni”. Una novità che un navigato sondaggista come Renato Mannheimer non vede così nitidamente: “Ha prevalso una ventata di rinnovamento del Pd, ma al tempo stesso è bene ricordare che la Schlein è stato appoggiato da tutti i più vecchi capi-corrente, primi fra tutti Franceschini. Bisognerà vedere se riusciranno a condizionarla oppure o se prevarrà la sua capacità di rinnovamento”. A tal proposito, Buttaroni dice: “Come sarà composta la nuova segreteria? Su questo il Pd si gioca il suo futuro. Ora, ‘la ditta’ dovrebbe uscire di scena perché la Schlein ha vinto spostando l’asse a sinistra e convincendo gli elettori delle primarie (e non gli iscritti) di poter rinnovare il Pd”. L’obiettivo della Schlein, secondo Benini, invece, non sarà quello di spostare il Pd più a sinistra, ma di riuscire a “riprendersi i voti che il Pd aveva un tempo, o quella fetta di popolazione che votava Pd e che, oggi, se ne sta a casa” grazie a una piattaforma basata sui temi sociali, sulle periferie e sull’ambiente, ossia sui i punti programmatici su cui ha basato la sua campagna congressuale.
Sullo sfondo c’è la concorrenza con il M5s: “Tutto si misurerà alle Europee che momento di svolta della politica italiana e che non prevedono la necessità di fare alleanze. Di sicuro, - sentenzia Mannheimer - lei è più credibile, fresca e giovane di Conte che sarà in difficoltà”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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