Una cosa è ormai chiara da tempo: Giuseppe Conte è un maestro di trasformismo, il leader perfetto per un Movimento 5 Stelle in continua evoluzione. Sembrano trascorsi secoli dall’apertura della scatoletta di tonno, del divieto di presenziare ai talk show politici – pena scomunica – e dell’alternanza dei capigruppo ogni tre mesi.
La corsa alle regionali in programma a febbraio è la perfetta rappresentazione dei mutamenti del M5s, un partito a tutti gli effetti. Tra Lombardia e Lazio, l’emblema della politica dei due forni. Un manifesto dell’opportunismo politico. Da un altro punto di vista, la celebrazione della pochade.
M5s e Conte, sinonimi di trasformismo
“Non c'è mai stato alcun margine per un accordo politico nel Lazio perché il Pd ha deciso di muoversi in totale autonomia senza condividere nulla sul percorso. Il resto è pura strumentalizzazione da campagna elettorale. Aggiungo anche che gli attacchi di alcuni esponenti del Pd contro la mia persona sono stati ignobili”: queste le parole della candidata pentastellata alla presidenza del Lazio, Donatella Bianchi. Un attacco frontale, durissimo.
Dem stroncati e anche sessisti, secondo la neo-grillina voluta fortemente da Conte:“Se fossi stata un uomo non mi avrebbero mai chiesto un passo indietro”. In vista della tornata elettorale, il Pd ha provato in ogni modo a dialogare, le trattative sono state lunghe, ma niente da fare: veto irremovibile di Giuseppi su D’Amato (che è ancora lì a sognare l’asse giallorosso, in preda alla sindrome di Stoccolma) e termovalorizzatore. Un uomo di principi, la coerenza prima di tutto.
Nulla di male, del resto il M5s è nato rifiutando ogni ipotesi di alleanza, stroncando l’inciucio di palazzo. Il problema sorge però per le mosse dell’autoproclamato avvocato del popolo in Lombardia. Il Pd degli attacchi ignobili, lo stesso che promuoveva la tanto odiata agenda Draghi, figura tra gli alleati a sostegno di Pierfrancesco Majorino. Per essere più precisi, Majorino è dem da sempre, carriera iniziata nei Democratici di Sinistra nel lontano 1998. Nel Lazio il Pd non va bene, ma in Lombardia sì.
Lezioni di opportunismo
Ormai Conte e il suo M5s non sorprendono più nessuno, il trasformismo non è più considerato un demone della politica ma un punto di forza, quasi un pregio. Lazio e Lombardia, stesso partito ma atteggiamento diametralmente opposto. Un opportunismo cangiante, già certificato negli ultimi mesi (anzi, anni). Torniamo a settembre, a pochi giorni dalle elezioni: nel giro di una manciata di ore Conte ha rivendicato lo stop all’invio di armi in Ucraina e si è fatto i complimenti da solo per aver sostenuto la resistenza di Kiev. Un talento istrionico, in grado di aumentare la spesa militare da premier per poi tirare fuori la bandiera arcobaleno.
Dal no alle alleanze al governare con tutti, dal gialloverde al giallorosso sino all’unità nazionale. Conte populista e pochi giorni dopo progressista, anzi “punto fortissimo di riferimento di tutte le forze progressiste” secondo Zingaretti.
I soldi al partito, il mandato zero, le trattative politiche in diretta streaming: l’elenco delle promesse tradite è lungo, impressionante. Per dirla alla Groucho Marx: “Questi sono i miei principi. E, se non vi stanno bene, ne ho degli altri”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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