Pdl compatto con Alfano per salvare le larghe intese

Berlusconi, sconsolato dal caos che regna nel Pd, in sintonia col Quirinale: "Napolitano tiene alla stabilità del governo". Santanchè: il pericolo è Renzi

Pdl compatto con Alfano per salvare le larghe intese

Roma - Berlusconi blinda Alfano ma trema: «Chi comanda nel Pd?», chiede sconsolato a chi lo sente. Il Cavaliere torna a Roma e segue la vicenda di Angelino con apprensione. Non è tanto il voto sulla mozione di sfiducia a preoccuparlo, anche se la giornata è una sorta di viaggio sulle montagne russe sui destini del governo. Il Pd come al solito è frantumato sulla linea da tenere sul ministro dell'Interno e, a prescindere da come si risolverà la questione, nel centrodestra si teme per il futuro. Il clima è pessimo e il Cavaliere non lo nasconde: «Non vogliono le larghe intese, non vogliono la pacificazione». Berlusconi non mette il soggetto volutamente perché, analizza un ex ministro pidiellino «il problema è che se si sa bene chi, non si sa bene quanti siano i nemici della maggioranza Pd-Pdl». Sì, certo: alcune frange delle procure più politicizzate, La Repubblica e parte del Pd. Già, ma quanta parte del Pd? L'ex ministro Mariastella Gelmini è sconsolata: «Sono completamente balcanizzati».

La linea è in ogni caso quella di fare da scudo ad Alfano. Il Cavaliere, in colloquio con il Corriere della Sera, lo dice e lo ripete: «Angelino non si tocca. Sono stato chiaro quando ho detto che Angelino non si tocca?». Come a dire: attenti a scherzare con il fuoco sennò vien giù tutto. E ora Berlusconi tiene la linea iper lealista nei confronti di Palazzo Chigi. A questo proposito cerca pure la sponda nel Colle e il messaggio che lancia è chiaro: «Napolitano ha a cuore la tenuta del governo nell'interesse dei cittadini». Come a dire: io sto con lui, fatevene una ragione. Ed è forse per la convinzione che difficilmente il Cavaliere potrà staccare la spina a Letta jr. che il Pd decide di alzare la posta. Una parte dei democratici chiede la testa di Angelino e tira la corda, confidando che non sarà facile per nessuno romperla. Così, i piddini cercano l'obiettivo grosso: il segretario del partito alleato.

Nel Pdl il coro è unanime. Gasparri punta il dito sull'alleato: «L'infinito congresso del Pd non può pesare come un macigno sulle vicende del Paese. Sono sospette e strumentali troppe prese di posizioni in quel partito. Si attacca Alfano ma si mette nel mirino Enrico Letta». Daniela Santanchè difende il segretario, smentendo sospetti di attriti tra falchi e colombe, con i primi accusati di retropensieri ostili nei confronti di chi di cariche ne ha fin troppe (segreteria del Pdl, vicepremier, ministro dell'Interno, ndr): «Alfano non si tocca! Il vero pericolo viene da Renzi», twitta la pitonessa. Mentre Bondi mette in guardia tutti: «Se non ci fermiamo in tempo non solo rischiamo di mettere a rischio quel minimo di stabilità che abbiamo conquistato, ma saremo travolti da uno spirito di autodistruzione che non salverà nessuno». È una partita a poker complicata che non fa altro che alzare a dismisura la tensione su Palazzo Chigi.

Giochini che il Cavaliere comprende fino a un certo punto. A deluderlo e preoccuparlo è soprattutto constatare quanto sia difficile governare con «chi mi vuole morto». In più, superato l'ostacolo della mozione Alfano, all'orizzonte s'intravvedono altre nubi. A fine luglio è prevista la sentenza della Cassazione, anche se non è escluso che alla fine si rimandi il tutto a settembre.

Poi, sempre dopo l'estate, c'è il rischio che la situazione economica del Paese peggiori. Il debito aumenta, le entrate calano e c'è il cappio del 3% sul rapporto debito-Pil legato al collo. Insomma, la navigazione di Letta si fa via via più complicata.

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